Don Stefano commenta il Vangelo della 10ª domenica dopo Pentecoste

17/08/2025

Lettura del Vangelo secondo Luca: In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?». Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio». Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito». Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».

Questo brano segue l’incontro di Gesù con il giovane ricco. “Vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!” “Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco”. Quando Gesù lo vide così triste, disse: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio… e troviamo le parole del Vangelo di questa domenica.

Mi ha catturato l’attenzione il particolare della tristezza del giovane. La prima cosa che ho pensato è questa: e Gesù? Come stava Gesù? Con quali sentimenti nel cuore l’ha osservato andarsene via? Ha incontrato un giovane diligente nell’osservare i comandamenti della legge ma incapace di avere un giusto rapporto con i suoi beni. Ne era così prigioniero da non riuscire ad avere occhi e cuore per i benedetti, i poveri di ogni tipo, capaci di regalare, in una relazione d’affetto con loro, la vera gioia. Lo ha visto rinunciare alla vera gioia, all’amore vissuto con gratuità che dona pienezza alla vita. Non poteva che essere triste Gesù.

Era certamente triste nel vedere come la ricchezza può imprigionare un uomo e condannarlo alla insoddisfazione e alla tristezza. Si vuole avere sempre di più imprigionati nella convinzione che “il sempre di più dei beni” garantisce un “sempre di più” di gioia e realizzazione. Forse immaginava il giovane catturato a vita dalle dinamiche legate al puntare all’avere sempre di più, diventare sempre più triste.

Ma forse, in qualche modo la tristezza del giovane era significativa per lui, era un segno della presenza in lui di qualcosa che poteva, anche lentamente, crescere: una insoddisfazione, un santo disturbo della coscienza che l’avrebbe portato a volgere lo sguardo del cuore verso i benedetti da amare, proteggere e custodire così come faceva Dio. Forse scorgeva il fatto che la ricchezza non era ancora diventata la sua divinità cui sacrificare tutto. Ciò che al momento sembrava impossibile con la grazia di Dio sarebbe diventato possibile. La tristezza poteva essere in lui segno dell’azione dello Spirito che in lui aveva già iniziato a guidarlo e ad accompagnarlo in un cammino di vera libertà.

Le parole di Gesù ai discepoli lasciano trasparire la forza della sua speranza. Gesù mette in guardia dalla possibilità che la corsa ai beni ti prenda la mano, la mano e il cuore, creando a poco a poco un legame da vera malattia dell’anima, vera malattia della persona e della società. Sono parole di una attualità bruciante. Basta pensare a come la tentazione dell’avere sempre di più è all’origine di discriminazioni, disuguaglianze, sofferenze, ingiustizie e tante guerre. Possiamo ben dire che anche i nostri giorni sono caratterizzati dall’idolatria.

Gesù ripone ancora una volta la sua speranza in Dio e anche in noi. Quello che ci sembra impossibile, la grazia di Dio e la libertà dell’uomo lo possono rendere possibile. Per questa convinzione ha continuato il suo ostinato cammino verso Gerusalemme, per questa convinzione Gesù ha donato tutta la sua vita.

Don Stefano Colombo

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