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Valbiandino.net : notizie dalla Valsassina e non solo...

Lunedì, 12 Aprile 2021 17:18

IL CASTELLO DI VEZIO "VIRTUALE". UN PROGETTO DELL'ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI AMBURGO

in Cultura

Andar per castelli, progetto realizzato dall’Istituto italiano di cultura di Amburgo, si configura come un viaggio virtuale partito il 12 aprile sui canali social dell’Istituto. Una delle mete sarà proprio il Castello di Vezio in provincia di Lecco.

Il progetto si avvale di strumenti di geolocalizzazione che accompagnano il visitatore in una consultazione geografica con l’uso della piattaforma openstreetmap: i viaggiatori appassionati potranno trarne ispirazione per la costruzione di un personale itinerario di viaggio.

Una galleria di immagini di altissima qualità accompagna il viaggio, grazie alla collaborazione di fotografi e viaggiatori, che l’Istituto ha coinvolto attivamente attraverso le reti social, sperimentando un’ulteriore strategia di comunicazione digitale.

La Provincia di Lecco ha partecipato al progetto con un piccolo contributo fotografico. Le foto del castello di Vezio sono di “Foto Giudici, Lecco” realizzate in occasione del progetto Catalogazione del patrimonio culturale in ambito SIRBeC Valorizzazione del patrimonio culturale della Provincia di Lecco, le cui schede sono state pubblicate su www.lombardiabeniculturali.it.

Per maggiori informazioni: https://iicamburgo.esteri.it/iic_amburgo/it.

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Lunedì, 12 Aprile 2021 15:35

DON ALFREDO: IL RICORDO DI UN AMICO

Ferdinando "Pucci" Ceresa era un grande amico del Don Alfredo. Con lui aveva anche iniziato la tradizione della celebrazione della S. Messa alla Sagra delle Sagre, un momento di raccoglimento dei giorni di festa prima dell'apertura che negli anni è diventata un appuntamento richiesto anche dagli stessi espositori. Ma, ovviamente, il rapporto tra loro non si fermava a questo per cui, conoscendolo, gli abbiamo chiesto di esprimere i suoi sentimenti in questo triste giorno di aprile. Ecco cosa ci ha detto.

"E’ difficile esprime cosa sto provando.
Don Alfredo, quando ho ricevuto la telefonata che mi annunciava il tuo ritorno alla casa del Signore sono rimasto prima incredulo e poi mesto. Addolorato perché non ho potuto più incontrarti di persona, ma solo al telefono; sofferente perché oggi ho perso un amico e un Padre spirituale; afflitto perché so che mi mancherai. Tu eri solito dire che il Signore ci chiama solo quando non abbiamo più peccati da farci perdonare o del bene da compiere. Certamente non avrai avuto peccati, ma sono certo che anche in questa situazione di “Lock down” (che mi chiedesti cosa significasse e non capivi perché non si utilizzassero parole in italiano) hai saputo e avresti continuato a fare del bene.
Mi hai insegnato a rispettare la Volontà del Signore e così, con le lacrime agli occhi, faccio e elevo una Prece. Don, non ci abbandonare, non smettere di volermi bene, continua a essermi guida.
Riposa in Pace, che il Signore ti abbia in Gloria".

Il Pucci

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Lunedì, 12 Aprile 2021 15:12

DON ALFREDO COMI: L`AMORE PER MANZONI, L`AMORE PER BARZIO

Vorrei ricordare la grande figura di Don Alfredo Comi, parroco di Barzio dal 1969 fino a pochi anni fa,  e oggi spirato nella RSA di Barzio, ripubblicando una parte di un articolo pubblicato nel Luglio 2007 dal giornale online Leccoprovincia.it, in cui si ricordava una delle principali tappe nella vita di questo allora gia` anziano prete.

La vendita cioe` al Comune e alla Biblioteca di Barzio della sua preziosissima collezione di edizioni rare e originali dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, tra cui una preziosissima "Ventisettana" (cioe` la primissima edizione del "Fermo e Lucia" stampata a Milano nel 1827) in molte lingue del mondo, per finanziare il nuovo Asilo parrocchiale S.Alessandro che da li` a poco sarebbe stato inaugurato.
Insieme a Don Comi l`allora Presidente della Provincia di Lecco Virginio Brivio, il Sindaco di Barzio Pierantonio Valsecchi, e l`indimenticato Giovanni Fazzini.

Di Don Comi questo splendido asilo soprattutto ci rimarra`, oltre alle sue numerose pubblicazioni e opere, tra cui ricorderei anche un fantastico Museo parrocchiale che , oltre a calici, croci e labari in oro risalenti al `500, comprendeva una spada e un elmo celtico ritrovato in una tomba celtica del V secolo avanti Cristo (altri ritrovamenti del genere furono rinvenuti all`inizio del `900 a Introbio).

 

" Si è svolta sabato 7 luglio la cerimonia di inaugurazione, a Barzio, dei nuovi settori della Biblioteca Manzoniana e del reparto ragazzi, collegato alla Biblioteca principale da un nuovo e lungo ponte aereostatico.
“Privarmi della Biblioteca – ha detto nel suo lungo e toccante discorso l'ottuagenario Parroco Don Alfredo Comi , da quarant'anni ormai Parroco di Barzio – è stato come privarmi di un figlio”.

La preziosa raccolta manzoniana infatti è stata venduta dalla Parrocchia al Comune per una cifra di 150.000 euro, un terzo dei quali proveniente dalla Provincia. La somma serve alla Parrocchia per finanziare la costruzione di un'altra grande opera, che verrà molto probabilmente inaugurata agli inizi di settembre prossimo, e cioè la nuova Scuola Materna sita in Via Roma sempre a Barzio.
“Ho perduto un figlio, ma per guadagnarne un altro, e cioè il nuovo Asilo dedicato a sant'Alessandro, proprio come il nome del Manzoni.”

Don Alfredo ha ricordato come è nata la sua passione per le stampe manzoniane.
“Fu esattamente nell'anno 1972, quando la professoressa Emma degli Uberti, che villeggiava a Barzio, volle farmi un regalo molto particolare: mi regalò infatti una copia dei “Promessi Sposi” datata 1916”. Quella fu la scintilla che fece originare una autentica passione. “All'inizio volevo avere 5 volumi “originali” dei Promessi Sposi, poi sono diventati 10, poi 20, 50 , poi 100: insomma alla fine sono diventati circa 1500”.

Per procurarseli Don Alfredo ha viaggiato in tutta Italia per sgabuzzini, scantinati “umidi e polverosi”, in negozi vari di antiquariato, tra Genova, Roma e Napoli, pagando “al volo” e di tasca propria. “Questa raccolta di libri manzoniani era una proprietà mia personale – ha tenuto aprecisare all'inizio del suo racconto: se fosse stata di proprietà della Parrocchia non avrei potuto alienarla”.

Come ha ricordato Alberto Benini, responsabile del Sistema Bibliotecario Lecchese e primo curatore di un “inizio di catalogazione” un paio di deccenni fa, la raccolta comprende le più disparate edizioni manzoniane: “dalle primissime del 1825 1826 e 1827, a quelle degli anni Quaranta sempre dell'Ottocento, alla prima edizione in francese detta “parigina” del 1828.
Ma una particolarità sono le numerosissime traduzioni esistenti dell'opera manzoniana. In alcuni suoi viaggi in Russia e poi in Cina, l'attivissimo Parroco barziese ha raccolto edizioni persino in cirillico e in cinese del capolavoro manzoniano. “Sono rimasto stupito da come anche là fossero conosciuti i “Promessi Sposi”, un'opera immortale.

Il commovente appello finale dell' ormai anziano Parroco è stato quindi per una società “meno tecnologica e più umanistica, che guardi di più all'arte e meno alla superficialità, di più ai valori di solidarietà e di fede trasmessi anche dai “Promessi Sposi”, e meno alle stupidaggini della società di oggi”.

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Lunedì, 12 Aprile 2021 12:17

DON ALFREDO E' TORNATO ALLA CASA DEL PADRE

La notizia è di poco fa ma l'eco si sta già diffondendo in tutta la Valle ed anche ben oltre: Don Alfredo Comi ci ha lasciati.

Grande tristezza in chi lo ha amato per tutti questi anni che ha dedicato con la forza che lo ha sempre contraddistinto alla sua Parrocchia ed ai suoi parrocchiani. Ma non solo, perchè il "Don" è stato capace di farsi voler bene (e di voler bene) anche da chi barziese non era.

Se ne va un altro Grande Vecchio della Valsassina e lo fa dopo aver lottato anche contro incidenti e malattie, ma mantenendo sempre intatta la sua Fede e trasmettendo a chi gli stava vicino quel coraggio e voglia di vivere che da sempre erano stati i suoi capisaldi.

Per il momento non ci sentiamo di aggiungere altro se non un grazie per averlo potuto conoscere ed aver ricevuto da lui un insegnamento basilare: la vita merita di essere vissuta fino in fondo con lo sguardo sempre rivolto al futuro, anche se hai più di novant'anni.

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Lunedì, 12 Aprile 2021 11:49

MODA E FOTOGRAFIE: VILLA MONASTERO PROTAGONISTA

in Cultura

Lo scorso 23 marzo Villa Monastero è stata la cornice di uno shooting per la collezione Primavera-Estate 2021 di un brand di lusso etico 100% Made In Italy, che utilizza proprio la materia prima proveniente dal Lago di Como.

Villa Monastero ha voluto condividere anche il progetto di marketing, riscoprendosi ancora una volta una location perfetta per shooting nell’ambito del lusso e del fashion.

Inoltre, dal 27 marzo al 9 maggio è allestita nello spazio espositivo della Villa la mostra fotografica #scatta l’estate con Acel Energie – Un contest fotografico per scoprire i paesaggi del cuore dei nostri territori.

Nei prossimi giorni verrà resa disponibile una visita virtuale sul sito www.villamonastero.eu per consentire a tutti gli interessati di visitare la mostra anche in questo periodo di chiusura dei musei.

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Lunedì, 12 Aprile 2021 08:56

LA VALSASSINA PIANGE I SUOI GRANDI VECCHI

 

Dopo la morte di Giovanni Beri (nella foto) Alpino di lunga data e padre di Giandomenico Beri, titolare del negozio di scarpe Val Shoes e per diversi anni Presidente dei commercianti ambulanti della Confcommercio lecchese, questa sera Introbio tributa il suo omaggio a Pierfranco Invernizzi, scomparso ieri improvvisamente a causa di un malore.

Alle 19,30 nella Chiesa parrocchiale di Introbio sara` recitato un rosario, mentre i funerali si svolgeranno domani pomeriggio, martedi 13 aprile, a partire dalle ore 15 sempre presso la Chiesa parrocchiale introbiese per concludersi nel cimitero di CORTABBIO.

Ancora le piu` sentite condoglianze, a Pierfranco e agli altri "veci" che, non solo per il Covid, ci stanno lasciando, o meglio come dicono gli Alpini "vanno avanti", dalla redazione di Valbiandino.net



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Lunedì, 12 Aprile 2021 06:37

LA PESTE MANZONIANA IN VALSASSINA DESCRITTA DA TADINO

in Cultura

La precedente puntata del viaggio attraverso la peste del Seicento in Valsassina si era conclusa con la partenza, verso la regione lariana, dei due commissari straordinari mandati dal Tribunale della sanità di Milano per accertare la presenza della peste.

Il protofisico Alessandro Tadino e il giureconsulto Giovanni Visconti arrivano il 28 ottobre 1629 a Lecco e appurano “che la terra di Chiù (Chiuso n.d.r.) si trovava grandemente assalita di peste, & faceva per il vicinato grande progresso, che non occorreva più dubitare, che tale non fosse…”.

Gli inviati del Magistrato della Sanità ottengono così un primo importante risultato: non si tratta di un morbo qualunque. È il più temibile: la peste. La situazione è identica a Olginate, Valmadrera, Galbiate dove molte persone presentano “buboni sotto le asselle nelle anguinaglie (inguini n.d.r.) e carboni in diverse parti del corpo”. Nella zona di Chiuso, dove hanno sostato 3000 lanzichenecchi, i morti sono già 27 su 40 famiglie. I decessi avvengono, riferisce Tadino, entro quattro / sette giorni dai primi sintomi. Il protofisico e il suo accompagnatore, facendo mostra di grande coraggio e senso del dovere, visitano tutti “gli cadaveri insepolti al numero de 11 e tutti gli infermi”. La missione prosegue il giorno successivo “nella terra di Malgrate, “Valle Magrera & in Lecco ancora”.

Terminato il sopralluogo nel Lecchese, Tadino e Visconti salgono a Ballabio di sotto, imbocco della Valsassina “dove si sentivano fetori insopportabili per la quantità de Cavalli morti: & ancora de molti cadaveri de Soldati”. Qui, riferisce il Tadino, si è verificata “la maggior mortalità seguita doppo Chiuso”: si contano 36 morti e, come riferisce il curato, con altri “accidenti gravissimi di peste”. Anche Ballabio di sopra presenta le sue vittime: 13, con due donne insepolte, e nove appestati. A Ballabio gli ispettori milanesi dispongono due guardie per impedire agli abitanti di uscire dal territorio comunale e ingiungono alle autorità di “separare gli infetti dalli sospetti per riporgli alla campagna & chiudere le case loro”.

La sera del 30 protofisico e giureconsulto, lasciando sulla sinistra Pasturo, percorrono il fondovalle tra fetori “insopportabili per la quantità de Cavalli morti & ancora de molti cadaveri de Soldati”. Arrivano così “à Corte Nova nel mezzo della Valsassina per visitare il cadavero del Cappellano di detta terra morto in quattro giorni di febre pestilente” il cui padre è deceduto tre giorni prima “parimente alla serva”. L’esame delle salme non consente dubbi: si tratta di peste, primo caso in questo paese dopo l’invasione quando “erano morti molti soldati alemanni doppo esser ivi habitati molto tempo”. Il sacerdote, come del resto altri religiosi della valle, aveva subìto il contagio a causa dell’aiuto e delle cure prestate generosamente ai compaesani ma anche per il comportamento caritatevole mostrato “con li soldati Alemanni, & usatogli molta carità.”

Durante il soggiorno cortenovese, medico e giureconsulto vengono informati che “à Narro, & Margno erano morte due donne con gli stessi accidenti di peste”. Anche a Cortenova, come in tutti gli altri casi accertati, Tadino e Visconti ordinano alle autorità locali che “le case dove havevano alloggiati delli Soldati fossero sbiancheggiate (imbiancate a calce n.d.r.). & profumate con lauro & gineprio del quale quelli paesi n’ abondano”. La farmacopea dell’epoca questo solo poteva offrire e prescrivere. I più ricchi potevano concedersi anche fumigazioni a base di ambra. Prima di lasciare il paese Tadino e il collega affidano la gestione sanitaria e la sorveglianza del territorio al “Sig. Francesco Parolino habitante in Barcone ivi vicino, che come persona prattica, & intelligente, gli sarebbe stati dati da lui gli opportuni ordini & provisioni”. Qualche tempo dopo saranno segnalati decessi da peste anche “oltre la villa di Morterona”.

Il giorno seguente gli ispettori milanesi raggiungono in tutta fretta Bellano, antemurale della Valsassina, già allora un grosso borgo come dimostra la presenza “de fuochi 150”. Il cammino non fu agevole “per aver da caminare 4 miglia à piedi per precipitij di scabrose montagne”. Qui vengono a sapere da un prete che “à quell’hora erano morti 54 persone” e che il contagio ha già toccato 32 abitazioni tanto che “ogni giorno ne muoiono trè, & quattro”. Tutto ciò sempre sotto l’oppressione del fetore emanato dai cadaveri degli appestati e degli infermi, tutti con i sintomi inequivocabili della peste come conferma il barbiere bellanese “Georgio Magno Barbiere, il quale ci disse di haverne medicato molti & tutti morti”. Stessa situazione, riferiscono alcuni testimoni, a Ombriaco e a Dorio dove “v’erano morte di Contagio 20 persone per essere stata questa terra delle prime sopraprese dalli Alemanni”. La peste arriva anche a Dervio dove è già morto il medico del paese, Antonio Boldone.

Il protofisico però, quando è possibile, non si accontenta di notizie riportate da altri e si sposta a Varenna. Nel paese rivierasco ci sono altre vittime e un’intera famiglia contagiata viene isolata in una capanna fuori dall’abitato. I due commissari appaiono instancabili e per proseguire l’attività di fact checking attraversano il lago e raggiungono Bellagio. Qui vengono a sapere che ci sono anche 27 abitanti con i sintomi del male mentre nelle quattro “Squadre” della suddivisione amministrativa, si contano altri 22 morti.

Il primo giorno di novembre Tadino giunge a Gravedona “Terra fin’hora sana” dove viene a conoscenza di un decesso a Domaso. Dal testo del protomedico si deduce che la sponda occidentale del Lario è stata in parte risparmiata dal contagio. Situazione molto più critica a Colico dove “quasi tutti “gl’habitatori sono morti di peste”. La zona più settentrionale del lago è ormai invasa dal morbo “con morte di 59 persone & ogni giorno ne muoiono trè, & quattro con buboni”. Qui l’ufficiale sanitario inviato da Milano descrive le difficoltà e i pericoli di muoversi in un vero inferno per “sentire fettori insoportabili nell’introito di detto luogo”. A tal punto che, “noi medesimi non fu possibile trattenersi fatta la visita de molti cadaveri insepolti”.

Il rischio di contrarre la peste è altissimo; i contagiati asintomatici non possono essere individuati. E quando si manifestano le prime avvisaglie del morbo, è troppo tardi. Chi viene infettato muore quasi sempre e in pochi giorni. Tadino dà disposizioni affinché siano “chiuse le case, messegli le guardie, dato gl’ ordini delle separazioni” e rigorose prescrizioni di isolamento totale che oggi, in presenza di altra epidemia, chiameremmo distanziamento sociale e, con diffuso anglicismo, lockdown. A Colico i commissari si fermano perché non riescono ad andare oltre a causa della “strada pessima, e per la pioggia”. Tornati a Gravedona il 2 novembre i due ispettori ricevono notizie da tale Benedetto Curto “persona fedele, & d’integrità il quale havevamo mandato a Margno nella Valsassina per essere la salita troppo per noi pericolosa”. Curto riferisce di altri quattro decessi per peste, fra i quali una donna che “haveva visitato alcuni suoi parenti a Bellano”. Un oste arrivato da Premana dà inoltre notizia di due decessi fra i quali un uomo “per aver portato a casa alcuni vestiti della sorella morta in Margno”. Si tratta proprio del fratello della donna deceduta a Margno.

L’avventurosa spedizione di Tadino e Visconti prosegue lungo il lago. Arrivano a Como, poi di nuovo a Bellagio. Ma la traversata è resa difficile poiché “il lago ci travagliò fuor di modo, si per la pioggia sopravenuta, come che gli venti ne furno molto contrari”. E ancora, i due inviati della Sanità visitano Olcio e Abbadia. Qui trovano dieci morti: un barcaiolo, la moglie, due figli e altri. Una storia tragica quella di Abbadia, che merita di essere raccontata con qualche particolare in più a testimonianza della pericolosità e rapidità del contagio. Dunque, ad Abbadia muore di peste il “figliuolo di uno detto il Rosignuolo” seguito tre giorni dopo dal padre. Tadino fa risalire le cause del contagio al fatto che il capofamiglia si era appropriato dei vestiti di “un soldato Alemanno morto vicino alla terra di Olchio”, forse per farne commercio o utilizzo diretto.

La moglie, che ha lavato gli indumenti tolti al mercenario deceduto, si ammala di peste e “morse essa di prima” dopo aver trasmesso il morbo letale ai figli. Non è tutto. La figlia del Rosignolo aveva a sua volta contagiato una famiglia composta da cinque persone, presso la quale è stata ospite per una notte. In pochi giorni muoiono tutti. Ma non è finita perché anche “il sotterratore” che ha inumato le salme ne viene infettato e cessa di vivere qualche tempo dopo. Bilancio: 11 morti per un solo “paziente zero”. Questa è la ricostruzione dell’accaduto elaborata dal Tadino. Però c’è anche un superstite, tale Matteo Molinaro il quale “per aver servito al detto Rosignolo nella sua infermità hebbe anch’egli un bubone”. Ma la sorte gli è benigna e l’uomo sopravvive, spiega il nostro protofisico, “per essere di complessione robusta” e quindi “essendogli dopo sopravvenuto flusso di corpo s’è liberato”.

Il “conservatore delegato” e l’”auditore delegato” che lo accompagna tornano a Lecco dove danno disposizioni affinché alcuni incaricati possano esser dispensati dal blocco sanitario della città e “alli giorni del mercato potessero uscire dalla terra per comperare le cose bisognevoli al loro vitto (…) e il simile potessero fare tutte le terre della Valsassina”. Gli inviati della Sanità milanese pongono ora fine ai loro estenuanti sopralluoghi nelle terre del Lario e nelle convalli. Nella relazione del Tadino si indica una serie di suggerimenti per la limitazione del contagio, riguardanti anche la Valsassina, indicando alcuni “de luoghi a far la quarantena” fra i quali figura Presallo località che si trova “in mezzo fra Premana, & Regolo, ò Monte di Varena, è sotto a Narro, vicino a Margno, à Cortenova, & Prato S. Pietro, & Barcone terre tutte infette”.

Tadino provvede inoltre a nominare “un Sopraintendente, per la salute della Valsassina”. Si tratta di quel Francesco Parolino di Barcone di cui si è già parlato in occasione della visita del protofisico a Cortenova e già “deputato l’anno passato di quella Valle negli interessi della sanità”. Non seguiamo oltre l’azione dei due commissari straordinari milanesi che proseguirà ancora a lungo in tutta la zona dell’Adda meridionale e nel Mantovano.
Copia digitalizzata dell’originale di Tadino è reperibile qui:
https://1drv.ms/b/s!AklVwHkIlXK4nnMBY9o50uWl1cJl?e=IqKob4

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