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Martedì, 20 Aprile 2021 22:43

QUELLA TANGENZIALE CHE S'HA DA FARE

Come si è appreso dalle cronache, lunedì si è tenuto un intenso incontro riguardante la cosiddetta “tangenziale di Primaluna”, progetto atteso da decenni e che ora, visti i finanziamenti messi in campo dalla Regione anche sull'onda olimpica, sembra poter diventare realtà.

Il “sembra” non è messo lì a caso. Tra altre cose, infatti, è emerso che i 14 milioni di euro stanziati rappresentano, più o meno, la metà dei denari necessari, per cui, come prevedibile, tra il dire e il fare ci sono di mezzo un sacco di soldi da trovare. 

In verità quando quei 14 milioni furono sbandierati ai quattro venti le modalità con cui furono comunicati non lasciavano intendere che ne sarebbero serviti altri. Anzi, veniva ribadito che era necessario mettersi subito all’opera (e così è stato, in effetti) perché dovevano essere spesi entro tre anni.

Bene. Anzi, no. Perché nel frattempo sono successi almeno tre fatti.

Il primo è la sistemazione (ancora in corso ma alla fine sarà indubbiamente un ottimo lavoro) da parte del comune di Primaluna dell’area “tennis-campo giochi-area camper”: conseguenza, di lì la strada (che forse doveva passare) non passerà più.

Più avanti, a Cortabbio, le Officine Santafede hanno iniziato a costruire (ovviamente con tutti i permessi) un capannone con conseguente modifica del tracciato della strada comunale attualmente esistente. Pare che non sia un problema, ma si vedrà.

Subito dopo la Pioverna negli ultimi anni ha eroso con forza gli argini, un “inconveniente” non banale se si pensa che si sta pensando ad un viadotto di duecento metri per raggiungere l'altra sponda. E lascio all’immaginazione di ciascuno quale possa essere l’impatto di un viadotto di duecento metri sul nostro martoriato torrente in quella zona.

D’altronde volendo affidare i lavori a una società che costruisce e gestisce autostrade, un viadotto rientra nella logica delle cose.

Anche sull'individuazione di questa società si potrebbe aprire un brevissimo capitolo. Un amico, usando una metafora, mi ha detto che è come affidare la costruzione di una normale abitazione dalle nostre parti ad un’impresa che costruisce palazzi di lusso a Sankt Moritz. Ve la giro come provocazione, o come motivo di riflessione, vedete voi.

Poi, naturalmente, ci saranno tutte le buone ragioni di questo mondo e non discuto oltre perché sono un pallido ragioniere e non un ingegnere.

Ma proprio perché “ragioniere” mi ha colpito molto un pensiero che ha iniziato a circolare.

Sintetizzo: “è vero che costa 24 milioni, ma poi con i ribassi si arriva a molto meno”.

È vero, succede ovunque. Ma, e lo chiedo agli esperti di bilanci di enti locali, se un ente pubblico indice un appalto da 24 milioni, di quei 24 milioni deve avere la disponibilità. E se sbaglio, per favore, correggetemi.

Ma c'è un altro aspetto di questa corsa al ribasso che non mi è mai quadrato.

Se un progettista stabilisce che il costo di quell’opera è di, mettiamo, 24 milioni, e arriva un’offerta con un ribasso, anche qui ipotetico, del 30% o magari anche oltre, un ragioniere cosa dovrebbe pensare? Forse che sarebbe meglio se il progettista cambiasse mestiere? Poi non meravigliamoci se le opere pubbliche di oggi durano lo spazio di pochi anni e quelle dei Romani sono ancora lì a farsi ammirare.

Mi chiedo, a questo punto, se forse non abbiamo sbagliato direzione.

Visto che tutte le aree industriali della Valle sono tra Taceno e Primaluna perché anziché la “tangenziale” non fare un paio di gallerie tra lo svincolo di Bellano e Taceno così che i mezzi pesanti (la maggior parte di loro, almeno) non debbano essere costretti ad attraversare tutta la valle per raggiungere la loro destinazione?

Conclusione?

La “tangenziale” in un modo o nell’altro si farà perchè s'ha da fare: è una promessa troppo forte per non essere mantenuta, anche in vista delle elezioni regionali del 2023.

I soldi verranno trovati e il problema della strettoia di Primaluna risolto (perchè comunque quello è un problema e in un modo o nell'altro deve essere risolto).

Ad oggi, quindi, l’unico dubbio è dove passerà la nuova strada, se i ponti saranno davvero tre e se ci sarà o meno il viadotto Santafede - Polvara.

Ne aggiungo uno, di dubbio, e riguarda l'impatto che avrà sull'ambiente. E non è, almeno dal mio punto di vista (non so dal vostro), un dubbio da poco.

Riccardo Benedetti

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Martedì, 20 Aprile 2021 14:03

CORSO DI FORMAZIONE VOLONTARI PROTEZIONE CIVILE

La Provincia di Lecco, in collaborazione con il Comitato di coordinamento volontari di Lecco, organizza un corso di formazione per volontari di protezione civile che potranno operare nelle oltre 50 organizzazioni iscritte all’alboprovinciale .

Il corso, rivolto a tutti i cittadini di Lecco e Provincia e accreditato da Polis Lombardia, sarà riconosciuto dal sistema regionale di protezione civile ed è articolato su due livelli:

  • Livello A0-01 “Introduzione al sistema di protezione civile”
  • Livello A1-01 “Corso base per operatori volontari”

Il corso si svolgerà esclusivamente online sulla piattaforma della Regione Lombardia e il termine per le iscrizioni è fissato per il 14 maggio.

per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

 

 

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Martedì, 20 Aprile 2021 08:34

DONGO APRILE 1945

in Cultura

FINE DI UNA DITTATURA: I LUOGHI DELLA MEMORIA - DONGO (CO), APRILE 1945

Dongo è solo uno dei luoghi coinvolti nei fatti storici dell’Aprile ’45. Infatti, Mussolini e i suoi ministri e collaboratori partirono da Como la mattina del 26 aprile e si fermarono a Menaggio, dove si aggregarono alla colonna di automezzi tedeschi in ritirata verso la Germania.
Il 27 aprile da Menaggio la colonna, lunga quasi un chilometro, risalì la strada Regina fino ad arrivare a Musso verso le 7 del mattino.
A Musso la colonna fu fermata ad un posto di blocco predisposto dalla 52° Brigata Garibaldi: dopo una breve sparatoria e in seguito a lunghe trattative, i tedeschi ottennero il permesso di poter proseguire a condizione che venga effettuata un’ispezione. Si decise poi di effettuare l’ispezione sulla piazza di Dongo.

Oggi a bordo della strada che da Musso porta a Dongo, vicino all’ingresso del “Giardino del Merlo”, sul luogo del fermo della colonna, un cartello del progetto “La fine della guerra” ricorda quei momenti.
A Dongo Mussolini e suoi gerarchi vengono riconosciuti ed arrestati, nel pomeriggio del 27 aprile. Il comandante della 52° Brigata Garibaldi, Pier Luigi Bellini delle Stelle “Pedro” decide di trasferire Mussolini, un prigioniero troppo importante per essere tenuto insieme agli altri. La scelta ricade sulla piccola caserma della Guardia di Finanza di Germasino, un paesino isolato e facilmente difendibile nella valle Albano, sopra Dongo. Nel frattempo, una delle donne fermate con i gerarchi si rivela essere Claretta Petacci, l’amante del Duce, che chiede di poter stare con lui: Mussolini però è già stato trasferito. Il Duce però rimane a Germasino solo poche ore. All’una di notte del 28 aprile, infatti, viene svegliato per essere nuovamente trasferito. Di nuovo a Dongo, viene ricongiunto con Claretta, e viene condotto in auto verso Como. Oggi la caserma di Germasino è una casa privata, su cui è stata posta una targa che commemora il passaggio di Mussolini, e nei cui pressi si trova una cartello del progetto “La fine della guerra”.

Palazzo Manzi è un altro protagonista delle vicende storichedell'aprile 1945. Da qui partono i rastrellamenti delle Brigate Nere stanziate a Dongo. E qui il 26 aprile s’insedia il primo Sindaco della Liberazione. Nelle stanze al pian terreno ha luogo l’interrogatorio di Mussolini, dopo la sua cattura. In Sala d’Oro vengono rinchiusi i gerarchi fermati a Musso, prima della loro fucilazione. E in quello stesso salone viene allestita la camera ardente per gli ultimi morti della Resistenza a Dongo.
La sala era un tempo il salone d’onore, dove i nobili proprietari organizzavano balli e ricevimenti. Quando la contessa Giuseppina Manzi donò il palazzo alla comunità di Dongo, si decise di adibirlo a sede del Municipio, cambiando destinazione d’uso alle diverse sale. Ma la Sala d’Oro non venne modificata e, ancora oggi, si presenta noi nelle sue forme in stile “impero”, con mobili d’epoca e tessuti in stile.
Il lungolago è invece il luogo della fucilazione dei 15 gerarchi e fedelissimi del Duce, ad opera del plotone comandato da Walter Audisio “Colonello Valerio”. La ringhiera non è mai stata sostituita, e porta ancora oggi i segni dei proiettili dei mitra degli esecutori. Dopo la fucilazione i corpi verranno poi trasportati, con i cadaveri di Mussolini e della Petacci, a Piazzale Loreto a Milano per essere esposti al pubblico.

Tra i fucilati di Dongo, i ministri della R.S.I. Ferdinando Mezzasoma, Paolo Zerbino, Augusto Liverani, Ruggero Romano, il sottosegretario della Presidenza del Consiglio Francesco Barracu e il segretario del Partito Fascista Alessandro Pavolini.
Dopo l’arresto a Dongo e il trasferimento temporaneo a Germasino, all’una di notte del 28 aprile Mussolini viene ricongiunto a Claretta Petacci e insieme vengono caricati su un’auto in direzione di Como.
Non arriveranno mai nel capoluogo lariano: dopo il fallimento del tentativo di trasportare i due prigionieri in barca da Moltrasio a Blevio, i partigiani che li scortavano decisero di tornare indietro, verso Mezzegra. Lì infatti, nella frazione di Bonzanigo, abitava una coppia, amici del Capitano Neri (Capo di Stato Maggiore della 52° Brigata Garibaldi) che sapeva erano persone fidate.
Erano Giovanni e Lia De Maria, alla cui porta bussarono i partigiani, chiedendo ospitalità per la notte per i due prigionieri. I coniugi De Maria acconsentirono e a Mussolini e alla Petacci venne offerta una camera per riposare.

Nel pomeriggio del 28 aprile, a Mezzegra giunge Walter Audisio “Colonnello Valerio”: con altri partigiani sollecita Mussolini e la Petacci a lasciare rapidamente l’abitazione dei De Maria. I due prigionieri vengono così condotti sul luogo dell’esecuzione: in una strada stretta e riparata, davanti al cancello di Villa Belmonte a Giulino di Mezzegra.
“Valerio” pronuncia la condanna: <<Per ordine del Comando Generale del CVL sono incaricato di rendere giustizia al popolo italiano>> e alle h. 16.10 Mussolini e la Petacci vengono fucilati.
Oggi, sul luogo della fucilazione, si trovano una croce e le foto del Duce e di Claretta.
info e foto d'epoca: www.museofineguerradongo.it

Nella foto: Giulino di Mezzagra, villa Belmonte, il supposto luogo della fucilazione di Mussolini e Claretta, poco dopo gli eventi

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Martedì, 20 Aprile 2021 07:17

Il Soccorso Centro Valsassina assume un operatore

OFFERTA DI LAVORO -
Soccorso Centro Valsassina

Sei un Soccorritore Esecutore?
Ricopri il ruolo di CapoServizio?
Ricopri il ruolo di Autista 118?

Il Soccorso Centro Valsassina assume un addetto al soccorso sanitario extraospedaliero.
Ti interessa?! Invia il tuo CV a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
#soccorritori #anpas #valsassina

Inoltre il Soccorso ricorda che dal
6 APRILE 2021

Prosegue, da oggi, la convenzione H24 in condivisione per la nostra associazione!
Cosa significa? Presso la nostra sede ci sarà un’ambulanza a disposizione per i servizi di Emergenza, tutti i giorni (attivati attraverso il numero unico 112).
Per il Soccorso Centro Valsassina è un importante traguardo, raggiunto grazie all'impegno dei nostri volontari che hanno dedicato tempo e passione per "costruire" l'associazione. A loro va un immenso GRAZIE
Al servizio della Comunità. Da quasi 40 anni

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Martedì, 20 Aprile 2021 07:08

NUOVO DIRIGENTE DELLA SQUADRA MOBILE

QUESTURA DI LECCO: ARRIVATO IL NUOVO DIRIGENTE DELLA SQUADRA MOBILE

Nella mattinata di lunedi 19/04, proveniente dalla Questura di Rovigo, ha preso servizio presso la Questura di Lecco il Commissario Capo dott. Gianluca GENTILUOMO (nella foto con il Questore D’Agostino).

Nato a Messina, 35 anni, laureato in Giurisprudenza, abilitato alla professione di Avvocato, con Master di II livello in Professioni Legali (SSPL). Vinto il concorso per Commissari della Polizia di Stato, nel dicembre 2015 iniziava il biennio di formazione presso la Scuola Superiore di Polizia di Roma, all’esito del quale conseguiva il Master di II livello in Scienze della Sicurezza. Terminato il Corso di formazione, nel gennaio 2018 veniva assegnato alla Questura di Genova, dove gli è stato affidato l’incarico di Funzionario Addetto dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico. Nel mese di giugno 2018 viene trasferito alla Questura di Rovigo, quale Dirigente della Squadra Mobile.

Il Questore della Provincia di Lecco Alfredo D’AGOSTINO lo ha accolto ed ha augurato al dott. Gentiluomo buon lavoro, sottolineando l’importanza dell’incarico che andrà a ricoprire quale Dirigente della Squadra Mobile della Questura, nell’interesse della collettività lecchese.

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Martedì, 20 Aprile 2021 06:48

PSICODRAMMA COVID NELLE SCUOLE

Sì, è proprio così, come scrive Enrico Baroncelli. Il mondo della scuola si trova al centro di un dramma epocale. Ma non solo docenti e studenti si trovano loro malgrado fra i disperati protagonisti di uno psicodramma peraltro privo di adeguata catarsi conclusiva. Questo “dramma medico-psicanalitico” come lo definisce Baroncelli, è molto di più.

È una tragedia universale nel cui seno siamo tutti (o rischiamo di diventarlo) vittime sacrificali di una liturgia i cui officianti vengono quotidianamente sottoposti ad attacchi, che sempre più spesso degradano in aggressioni, da parte di chi subisce i devastanti effetti della “confusione delle riaperture sì, riaperture no”. E i ragazzi in età scolare sono i più danneggiati da una situazione che solo lentamente e parzialmente mostra segni di evoluzione positiva. La scuola, dunque. Ma il problema NON NASCE nella scuola ma prima e dopo la scuola; nasce all’esterno dove i contatti umani sono quasi incontrollabili. Si trovano, queste cause, soprattutto nei “mezzi pubblici strapieni” ma riguardano anche le abitudini sociali dei giovani che, comprensibilmente, faticano a rinunciare all’incontro con gli amici dopo la scuola.

Come ha affermato il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, il ritorno generalizzato fra i banchi “dipende anche dai trasporti. Non so come si farà, da oggi al 3 maggio, a realizzare le condizioni necessarie a far ripartire la scuola. Tutti auspichiamo la riapertura ma il tema è la fattibilità.” Certo, basterebbe moltiplicare autobus, pullman, treni dimezzandone però la capienza. Ma due metri di separazione fra un utente e l’altro, in un ambiente volumetricamente minuscolo non risolvono il problema legato al rischio di contagio per gli studenti che utilizzano il trasporto pubblico per raggiungere la scuola e per tornare a casa.

E come non capire i “genitori che sclerano perché devono tenere i figli, incolpevoli compagni di classe del ragazzo scopertosi positivo, chiusi in casa per l’ennesima Quarantena”. Però vale forse la pena di sottolineare, a proposito di quell’”incolpevoli”, che quarantena, DAD, isolamento sociale aut similia non sono punizioni. Porre la questione in questi termini significa sospettare che esista una volontà di colpire senza ragione chi non ha responsabilità in quanto sta accadendo. Significa insinuare che chi ci governa (bene o male non è significativo in questo contesto) manifesti l’intenzione di punirci anche in assenza di una colpa.

Questo riferimento ad un sistema occulto “pena-punizione” spiega bene la confusione dilagante su cosa fare e come farlo per risolvere i problemi giganteschi prodotti, non solo nella scuola, dalla pandemia. Riaprire tout court le scuole significherebbe inoltre ricostituire le “classi pollaio” come giustamente denuncia la studentessa di Lamezia Terme citata nell’intervento di Enrico Baroncelli. Intanto il contagio riparte anche fra i ragazzi della Valsassina e del Lecchese. E hanno ragioni da vendere i Presidi quando si oppongono alla riapertura dell’insegnamento in presenza, in difetto di interventi adeguati poiché il certamente auspicabile, ma difficilmente praticabile, rientro in classe dal 3 maggio prossimo, creerebbe più problemi di quanti ne potrebbe risolvere. La verità è che le fughe in avanti comportano rischi altissimi. Non dimentichiamo che la Sardegna in quattro settimane è passata dal colore bianco di un’isola felice, al rosso fuoco dell’impennata dei contagi. Invece di banchi a rotelle servono vaccinazioni a tappeto. Ma per questo dobbiamo affidarci a un alpino.

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