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Sabato, 24 Aprile 2021 15:58

I "NOSTRI" MEDICI SENZA FRONTIERE

Ebbene sì, lo ammetto. Sono un assiduo telespettatore dei “medical drama”: Grey’s Anatomy, The Good Doctor, The Resident, non me ne lascio sfuggire una puntata. Forse che da piccolo sognassi di fare il medico? No, per quelli nati nella mia epoca l’ambizione quasi unica era diventare astronauta e andare sulla Luna. Perché vi dico questo? Non lo so di preciso, ma forse con il tempo riuscirò anch’io a capirlo.

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Stamattina ho fatto un salto a Pratobuscante.

Attorno e dentro la palazzina che in estate ospita il ristorante della Sagra (e che la Ceresa srl ha ben volentieri concesso in uso) fervevano i lavori di allestimento del polo vaccinale che verrà inaugurato lunedì a mezzogiorno.

Gazebi all’esterno, tavoli e arredi pronti per essere utilizzati all’interno, pareti in cartongesso a delimitare gli “ambulatori”: tutto dovrà essere (e sarà) pronto in tempo per consentire a operatori sanitari e medici di continuare a combattere la guerra alla pandemia e farlo proprio da qui, dai Posti Bellissimi.

Già, i medici. I “nostri” medici.

Gli stessi che hanno vaccinato al presidio di Introbio, che hanno dato dimostrazione di essere davvero al servizio della gente, la “loro” gente, cioè noi.

In questo anno e mezzo, pensateci bene, la nostra percezione nei loro confronti è radicalmente cambiata. Dico in generale, ovviamente, perché se vai a farti visitare devi farlo in fiducia e con stima.

Ma, forse, il più delle volte finiva lì, probabilmente anche perché andare dal dottore comporta avere problemi che, una volta superati, si fa di tutto per dimenticare. E, lo sappiamo bene che da “ol dotor l’è mej sta ala larga”.

Poi è arrivato il Covid e molti medici si sono sacrificati. Solo in Italia ne sono morti circa 360, la popolazione di un piccolo paese di montagna, ed alcuni di loro erano già in pensione e avevano voluto rimettersi in gioco per aiutare i colleghi esausti.

Poi è arrivato il Covid e i “nostri” medici (alcuni dei quali lo hanno sperimentato sulla loro pelle) hanno alzato la mano e risposto presente. Insieme, come una squadra, senza sceneggiatura alla Grey’s, affrontando giorno per giorno l’evolversi della situazione, stando vicino ai loro pazienti, seguendo un copione che se sei medico hai già scritto nella mente e nel cuore, altrimenti avresti fatto, che so?, l’astronauta.

E noi, tutti indistintamente, ci siamo improvvisamente ri-accorti di loro, i “nostri” medici senza frontiere che qui, proprio qui e non lontano migliaia di chilometri, hanno scelto di svolgere la loro missione.

Non sulla Luna, ma al Presst, nei loro ambulatori e, da lunedì, al Pratobuscante.

Silvia, Eleonora, Valeria, Libero, Antonio, Giampiero, Attilio hanno dato ciascuno dodici ore di disponibilità alla settimana e quindi li ritroveremo anche alla Fornace, continuando comunque a garantire la normale attività ambulatoriale. 

Cosa dire, credo a nome di tutti, se non grazie?

Riccardo Benedetti

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Sabato, 24 Aprile 2021 08:16

LA RESISTENZA IN VALSASSINA

in Cultura

“Alto la`, chi va la` !”
Il comando secco di un milite assonnato (erano le 3 di notte) schiocco` nel buio, la mitraglietta puntata verso il camion. Era la notte del 2 Giugno 1944.
“Cademartori, milite” rispose l`autista dal finestrino, senza dimenticare di porgere la tassa da pagare ad ogni passaggio, una stecca di sigarette “Nazionali”.
Non era la prima volta che i camions della Cademartori passavano ad ore cosi` notturne: bisognava rifornire Milano, e di giorno il viaggio era troppo pericoloso, poteva essere interrotto da qualche maledetto bombardamento inglese.
Il posto di blocco era posto sul Ponte Chiuso di Introbio, e i militi della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) stazionavano nel casottello ancora oggi esistente all`inizio del vecchio Ponte, costruito negli anni Trenta e demolito nel 2010, dove oggi comincia la ciclabile da Pasturo a Introbio.
Un punto temuto, strategico per controllare tutti i movimenti da e per la Valsassina.
Il milite non poteva sapere che dentro i due scalcinati camions Fiat che stavano passando sotto i suoi occhi, nascosti tra le confezioni di robiole e di taleggi, stavano acquattati una ventina di partigiani disposti a tutto.

Non era stato facile convincere Guido Cademartori, gia` Podesta` di Introbio ( e padre di Lino), a prestare i camions ai partigiani per quest`operazione.

“Se mi scoprono passo dei guai” , l`imprenditore introbiese era molto titubante.
“Questi non scherzano – disse riferendosi ai nazifascisti – se scoprono che vi ho aiutato potrebbero anche fucilarmi !”.

“Non ti preoccupare Guido – rispose Mario Cerati, il Capitano degli Alpini che guidava la spedizione - te li lasceremo intatti a Balisio e nessuno sapra` che ce li hai prestati”.

Come molti italiani che ormai avevano aperto gli occhi riguardo alle fandonie raccontate, o meglio urlate da Mussolini dal suo balcone romano di Palazzo Venezia, anche Cademartori era diventato molto scettico sulle prospettive di un Fascismo che non voleva decidersi a lasciare il posto a un`Italia molto diversa. L`Impero, le ambizioni coloniali, la grande Italia: cosa era rimasto di tutto questo ?
Un`Italia assoggettata dai Tedeschi e cumuli di macerie sotto i bombardamenti.

Anche i Carabinieri avevano aiutato i Partigiani, consegnando loro quelle poche pistole e i pochi fucili disponibili.

Non e` molto noto, ma la Resistenza italiana, soprattutto agli inizi, fu in buona parte originata da due corpi d`Armata speciali: gli Alpini, furiosi con il Regime Fascista per come era stata male organizzata la spedizione dell`Armir in Russia, 200.000 uomini inviati tra fanfare e bandiere nell`estate del 1942. I pochi sopravvissuti, meno di un quarto di quelli partiti, ritornati l`anno dopo da quell`inferno contribuirono non poco a far crollare il residuo consenso a un regime che aveva dimostrato tutti i suoi limiti e le sue incapacita`.

Molti, come appunto Mario Cerati o il Tenente Battista Todeschini di Premana, passarono ai Partigiani dopo l`8 Settembre 1943 per timore di essere rispediti al fronte a combattere insieme ai Tedeschi, che in Russia si erano rifiutati persino di soccorrere i feriti degli alleati “kameraten” italiani !

L`altro corpo speciale era quello dei Carabinieri: l`ostilita` con Mussolini era nata dopo il suo ritorno a Roma, una volta liberato dai paracadutisti di Von Student sulla sommita` del Gran Sasso.
Il Duce, che gia` in gioventu` era stato piu` volte messo in manette dai militari dell`Arma in quanto “esagitato agitatore molto ambizioso” (come e` scritto in un verbale dei Carabinieri del 1910) , non aveva potuto sopportare di essere stato arrestato ancora una volta dopo la fatidica riunione del Gran Consiglio del 25 Luglio 1943, all`apice del suo potere, sia pure per volonta` del Re “traditore” Vittorio Emanuele III di Savoia.
Una volta tornato a Roma, sulla punta delle armi naziste, la sua vendetta contro i Carabinieri fu spietata: circa 2.000 Carabinieri laziali, tra cui l`eroico Salvo d`Acquisto, furono spediti nei campi di concentramento tedeschi, a Mathausen o ad Auschwitz, insieme agli Ebrei romani.

Ma torniamo alla nostra spedizione “partigiana” : non sappiamo di preciso quanti fossero i “ribelli” nascosti nei camions : oltre a Mario Cerati (“Romolo”) probabilmente c`erano Francesco Magni di Introbio (“Francio”), “Spartaco” Mauri, Piero Losi, il partigiano Mina, Angelo Villa di Ballabio (“Fiorita”) e diversi altri (qualcuno dice addirittura una settantina di uomini, della Brigata Garibaldi, cifra pero` poco probabile).

Arrivarono alla sommita` di Balisio: spenti i motori, per non farsi scoprire, accostati i camions alla strada, l`ultimo tratto era da percorrere a piedi. Obiettivo: la sede della Milizia GNR a Ballabio, la ex colonia ferroviaria che esiste ancora oggi, dove si era per l`appunto stabilita la Milizia GNR repubblichina. Bisognava farsi consegnare le armi, di cui i partigiani avevano estremamente bisogno, ne avevano troppo poche.

Il piano era semplice, forse fin troppo semplice, e non prevedeva alternative.
I Partigiani sapevano che il Capitano della Milizia dormiva a casa sua, con la moglie e i figli, in una casa situata a Ballabio Superiore. Bene, si sarebbero quindi impadroniti di lui, e come arma di ricatto avrebbero chiesto ai militi di consegnare le armi in cambio della sua vita.

Semplice no ? Troppo semplice !
Nulla ando` come avrebbe dovuto andare. Un calcio ben assestato contro la vecchia porta di legno spalanco` l`ingresso dell`abitazione del Capitano. Si presento` all`ingresso la povera moglie ancora in vestaglia, spaventatissima, terrorizzata che volessero ammazzarla.

“Dov`e` tuo marito” le urlo` un partigiano
“Non e` qui, stanotte dormiva in caserma” farfuglio` la povera donna
“Come in Caserma ? Controlliamo !”
Non lo trovarono: non sapremo mai se si era nascosto troppo bene o se veramente si era fermato in Caserma quella notte.

“Cosa facciamo adesso, Mario ?” lo sgomento stava per impadronirsi del gruppo, il piano non stava funzionando.

“Ormai siamo usciti allo scoperto, non possiamo tornare indietro !”
La decisione fu presa : avrebbero attaccato la Caserma, sperando che i Fascisti si sarebbero arresi facilmente.

Arrivarono al Parco , nascondendosi dietro a qualche cespuglio e a qualche albero: dopo aver ucciso la sentinella, che pero` riusci` a sparare un colpo di moschetto, dando l`allarme a tutti gli altri, iniziarono una lunga e difficile sparatoria contro la Caserma.

Ma i Fascisti, svegliatisi di soprassalto, non mostrarono alcuna intenzione di arrendersi : dalle finestre risposero all`attacco, sparando all`impazzata e al buio contro i partigiani.

Miravano da dove vedevano partire i colpi, ma erano in posizione di vantaggio, in alto e ben difesi, i partigiani , ostacolati da reti metalliche che impedivano anche le comunicazioni, non avevano molte possibilita`.

L`aspra battaglia, come scrisse l`allora Parroco Don Abramo Maroni, duro` all`incirca una ventina di minuti.

Una raffica di mitraglietta colpi` il povero Ambrogio Confalonieri , detto “Biondo”, originario di Brugherio, in pieno petto.
I suoi compagni lo raccolsero, portandolo in un luogo piu` riparato.

“Mario, non ce la faremo mai ..”
“Non abbiamo scelta, dobbiamo ritirarci”.
Il piano era fallito. Le armi non erano state prese, i partigiani dovettero tornare indietro.
Alla spicciolata, con alcuni feriti e un compagno perso.
La prima battaglia non era andata bene, ma la guerra era ancora lunga …..

 

 

 

 

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