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Pubblicato in Cultura

100 anni di storia del PCI

Giovedì, 21 Gennaio 2021 15:12 Scritto da  Enrico Baroncelli

Il 21 Gennaio del 1921 veniva fondato a Livorno, dove si stava celebrando il 17* Congresso del Partito Socialista Italiano, il nuovo Partito Comunista d`Italia, sezione della III Internazionale Comunista voluta da Lenin nel 1919, per facilitare lo sviluppo della Rivoluzione Socialista, che nel 1917 aveva trionfato in Russia, anche negli altri paesi d`Europa.

All`appello di Nicola Bombacci (primo segretario del PCd`I, esposto anche lui per i piedi a Milano in piazzale Loreto vicino a Mussolini il 28 aprile 1945) Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga, Umberto Terracini e altri delegati del Congresso socialista, a spostarsi in una sala vicina per fondare il nuovo Partito, in realta` non risposero in molti.

La riunione dei primi delegati si svolse in un`aula semideserta: i promotori speravano in un`adesione molto piu` massiccia, ma molti invece non osarono abbandonare il Partito Socialista Italiano, che continuo` a rimanere diviso in due componenti principali, quella Massimalista, da cui nel 1914 era uscito Benito Mussolini, e quella Riformista, rappresentata da Filippo Turati di Canzo (e a cui aderiva anche il nonno di chi scrive, Augusto Baroncelli di Prato).

Non e` superfluo dire, come recentemente ha ben descritto anche l`ottimo libro di Antonio Scurati, "M il Figlio del Secolo", che  il prevalere politico dei Massimalisti, che durante il Biennio Rosso fomentavano mille scioperi e predicavano una Rivoluzione Sovietica in Italia per "Fare come in Russia", facilito` enormemente l`affermazione politica del Fascismo e l`abbandono della democrazia liberale rappresentata da Giolitti.

La grande e piccola Borghesia, gli Agrari, come scrisse successivamente Antonio Gramsci nei "Quaderni dal Carcere", spaventati dalle violenze e dai tumulti pseudo-rivoluzionari che minacciavano l`ordine costituito, anche se in realta` non avevano quasi nessuna possibilita` concreta di avere successo, si avvicinarono al Fascismo e alle Squadre d`Azione come ristabilizzatori dell`ordine e della piena funzionalita` delle fabbriche, anche a costo della perdita della Democrazia.

Questa analisi venne esplicitata nel Terzo Congresso della stessa Internazionale Comunista, svoltosi a Mosca nel 1936, poco prima che la mannaia di Stalin si abbattesse su molti dirigenti comunisti, con le "grandi purghe".

Il PCd`I vene messo fuorilegge come tutti gli altri Partiti (Cattolici, Liberali, Socialisti) con le "Leggi Fascistissime" del 1926, e Gramsci fini` in prigione dove mori` nel 1931, ma a differenza degli altri partiti il PCd`I mantenne una struttura clandestina, perseguitata dalla Polizia Fascista OVRA, durante tutto l`arco del Ventennio.

Ancora alla vigilia della II Guerra Mondiale, all`apice del "Consenso" per Mussolini, si calcola vi fossero ancora 6.000 militanti comunisti, su una popolazione di 47 milioni di Italiani.

Questo permise al PCI di avere un minimo di base organizzativa su cui fondare la propria attivita` quando, a causa dei disastri della guerra, il Fascismo perse ogni consenso, e si arrivo` al tragico 8 Settembre del 1943.

I simpatizzanti aumentarono, e il PCI dette tutta la propria opera per organizzare i gruppi di Resistenza, cioe` le Brigate Partigiane (in Valsassina la Brigata Rosselli).
L`obiettivo era pero` anche la politicizzazione di queste Brigate: a tale scopo il PCI, sul modello dell`Armata Rossa, aveva affiancato ai capi partigiani, come per esempio nel lecchese Piero Losi, il Tenente degli Alpini Battista Todeschini e l`introbiese Mario Cerati, anche lui Capitano degli Alpini, la figura del "Commissario Politico", che nella Valsassina era rappresentata da Vando Aldovrandi (in codice AL), cognato dell`editore Einaudi.

Una politicizzazione che in realta` nuocce piu` che giovare alla Resistenza: fu levata una ideologica cortina fumogena che separo` le bande partigiane "cattoliche" e "liberali" da quelle "comuniste", a volte mettendole addirittura una contro l`altra, nella poco realistica speranza che il popolo italiano, rinunciando ancora una volta alla propria liberta`, volesse passare direttamente da un regime fascista a uno comunista .

Per fortuna la cooperazione nel CLN e la "Svolta di Salerno" attutirono questi contrasti. Sta di fatto che il PCI usci` enormemente rafforzato dalla Resistenza: nel 1947, alla vigilia dello scontro con la Democrazia Cristiana per le decisive elezioni del 1948, il PCI aveva piu` di due milioni di iscritti.

Viceversa il PSI di Sandro Pertini e Pietro Nenni usci` schiacciato dalla concorrenza comunista: la sua importanza e il suo ruolo non ebbero il consenso che hanno avuto in altri paesi dalla storia simile alla nostra (Francia, Germania ecc.) condannando il nostro paese a quel lungo "Bipartitismo imperfetto", come ha giustamente scritto il sociologo Giorgio Galli, cioe` alla mancanza di un`alternativa al Governo della Democrazia Cristiana basata solo sul presupposto dei legami del PCI con l`Unione Sovietica, legami rescissi da Enrico Berlinguer solo nel 1974. Una mancanza di alternativa che ha messo per quarant`anni la DC al centro di ogni Governo, a differenza degli altri paesi europei, e condannato il PCI a una perpetua opposizione.

Non arriviamo agli anni piu` recenti per non essere troppo lunghi: concludiamo pero` affermando che la storia del PCI e` una dimostrazione della irruzione delle grandi masse nella politica moderna, dell`intervento e del ruolo che esse hanno avuto nella storia attuale, e da cui certamente non si puo` piu` tornare indietro.

Enrico Baroncelli

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 21 Gennaio 2021 17:08
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