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SOCCORSO ALPINO: DOMENICA SCORSA ESERCITAZIONE CONGIUNTA SUL LEGNONE
Domenica scorsa, 21 aprile 2024, trenta tecnici del Soccorso alpino, Stazione Valsassina - Valvarrone della XIX Delegazione Lariana, in collaborazione…
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TREDICI ANNI DALLA SCOMPARSA DI MARIO CERATI
Ripubblichiamo un articolo già pubblicato da Valbiandino nel 2011: la figura di Mario Cerati verrà ricordata mercoledi 23 aprile dall'Università…
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PROSSIMI INCONTRI DELLA UNIVERSITA' TERZA ETA' VALSASSINA
Ricordo i prossimi appuntamenti,in particolare settimana prossima, in occasione della Festa del 25 Aprile, ricorderemo gli atti della Resistenza in…
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PRESENTATA LA CORSA IN MONTAGNA UTLAC 2024
UTLAC 2024: MONTAGNE DEL LARIO PROTAGONISTE DI UN EVENTO SPORTIVO PRESTIGIOSO, CAPACE DI VALORIZZARE IL TERRITORIO. “UTLAC 30” è una…
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CELEBRATO IN BIANDINO L'80° ANNIVERSARIO DELLA BRIGATA ROSSELLI
Nemmeno il tempo inclemente e la neve che ad un certo punto è scesa ad imbiancare la Val Biandino, ha…
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IL CORDOGLIO DELLA FAMIGLIA CAROZZI PER LA SCOMPARSA DI DONATA BARONE
Carozzi Formaggi è profondamente addolorata nel comunicare la scomparsa di Donata Barone in Carozzi, avvenuta ieri 21 Aprile 2024. Guidando…
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IL CORTENOVA PERDE MA I PLAYOFF DIPENDONO DAL RISULTATO DI DOMENICA PROSSIMA
Era stato preannunciato come un "campo difficile" e così è stato: a Carenno un Cortenova - peraltro con qualche assenza…
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REGIONALI CADETTI E ALLIEVI CORSA IN MONTAGNA: PASTURO, PREMANA E CORTENOVA TENGONO ALTA LA BANDIERA DELLA VALSASSINA
In Val Brembilla (Bergamo) la terza tappa di Coppa Lombardia giovanile ha assegnato oggi, attraverso il quinto Trofeo Comune di Val Brembilla, i titoli…
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DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA QUARTA DOMENICA DI PASQUA
Gesù è il pastore che si dà da fare per la felicità delle sue pecore, soprattutto quelle che non ce…
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FUSIONI DI COMUNI: PARTITA LA CACCIA AL FALSO SINDACO DI PRIMALUNA
Sullo scottante e molto discusso (anche a sproposito) argomento della fusione dei comuni irrompe un fatto di cronaca definibile quantomeno…
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LE ECCELLENZE DEI POSTI BELLISSIMI
La mia Birra di Primaluna, Mattia Citterio e il suo  magico vino d'Indovero, Paolo Bettiga e lo spettacolare recupero di Borgo…
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INTRATTENIMENTI MUSICALI IN VALSASSINA
Intrattenimenti musicali; Sabato 20 a Cremeno , il 21 a Introbio e il 27 a Taceno
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A CORTENOVA E PRIMALUNA DUE INCONTRI SULLA FUSIONE DEI COMUNI
"Sbrigate" le pratiche amministrative e dato il via ad un processo che vedrà coinvolta anche Regione Lombardia, è giunta l'ora…
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DA DUE NONNI UNA LETTERA DI RINGRAZIAMENTO ALL'ASILO VENINI DI INTROBIO
Gentile Direttore di Valbiandino.net, Siamo i nonni di Elia e Raffaele, due bimbi residenti a Milano, ma che stanno trascorrendo…
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Trezzi: “Nelle due province lariane è un problema reale. Va incentivato il ruolo dell’agricoltura come tutela e protezione di un territorio fragile”. In Italia 9 Comuni su 10 sono a rischio frane o alluvioni


Le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua si abbattono su un territorio reso fragile dalla cementificazione e dall’abbandono con più di nove comuni su dieci a rischio per frane o alluvioni. Nelle province nelle due province lariane, in particolare, i comuni con potenziale rischio idrogeologico medio alto sono oltre l’84% del totale (in dettaglio, l’84,8% nel Comasco e l’86,4% nel Lecchese). E’ quanto afferma la Coldiretti interprovinciale in riferimento agli ultimi fenomeni di dissesto idrogeologico che si sono verificati sul territorio.

Fortunato Trezzi, presidente Coldiretti Como Lecco: “L’agricoltura è a presidio del territorio, ma poco si può fare contro cambiamenti climatici di portata gigantesca, che interessano tutto il pianeta e si fanno ancor più incisivi nelle aree montane e alpine delle nostre province, dove l’equilibrio è ancor più delicato. Certamente è necessario incentivare l’attività agricola che, anzi, è minacciata in primis dalle conseguenze di un clima impazzito”.

Sono saliti a 7275 i comuni – sottolinea la Coldiretti – con parte del territorio in pericolo di dissesto idrogeologico in Italia. Il risultato è che – continua la Coldiretti – sono 7 milioni gli italiani che vivono in aree a rischio frane, alluvioni ed esondazioni di fiumi in una situazione di incertezza determinata dall’andamento meteorologico che condiziona la vita e il lavoro. A questa situazione non è certamente estraneo il fatto che il territorio è stato reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono che negli ultimi 25 anni ha fatto sparire oltre ¼ della terra coltivata (-28%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari. Per questo – continua la Coldiretti provinciale – l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne.

“Guardiamo al Recovery fund come a un’opportunità per intervenire e realizzare una grande rete di bacini di accumulo capace di garantire una costante disponibilità di acqua per l’agricoltura e la produzione di energia rinnovabile. Un esempio è il progetto che Coldiretti ha condiviso con Anbi, Terna, Enel, Eni e Cassa Depositi e Prestiti per la messa in cantiere di una rete diffusa di invasi per consentire una regimazione delle acque che garantirà una riduzione dei danni causati dagli eventuali eccessi di ruscellamento, fornendo inoltre un contributo per l’approvvigionamento idrico per gli interventi antincendio e sostenendo inoltre la produzione di energie rinnovabili da fonte idrica”.

Fare pace con la natura e costruire un futuro sostenibile unica garanzia per la nostra salute e il nostro benessere

Esiste un legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Molte delle malattie emergenti come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviara, influenza suina e il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 (COVID19) non sono catastrofi del tutto casuali, ma sono la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi naturali.

La comparsa di nuovi virus patogeni per l’uomo, precedentemente circolanti solo nel mondo animale, è un fenomeno ampiamente conosciuto come spillover. In ecologia ed epidemiologia lo spillover - che si potrebbe tradurre come “tracimazione” - indica il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un’altra, e si pensa che questo passaggio possa essere alla base anche dell’origine del nuovo coronavirus.

(Per saperne di più sullo spillover può essere molto interessante rivedere l’intervista di Fabio Fazio a David Quammen, scrittore e divulgatore scientifico, che già otto anni fa aveva previsto con estrema precisione la diffusione dell’attuale pandemia: https://youtu.be/vEmml7f1R7k)

Globalmente gli scienziati sono consapevoli che tra le cause della diffusione di malattie infettive emergenti, vi siano fattori importanti come la perdita di habitat, la creazione di ambienti artificiali, la manipolazione e il commercio di animali selvatici e più in generale la distruzione della biodiversità.

Gli incendi in Australia

Tra i più disastrosi episodi di distruzione della biodiversità dell’anno appena trascorso, basta tornare a gennaio 2020, piena estate in Australia, con la disastrosa stagione degli incendi dell'estate australiana, ribattezzata "estate nera".

Nello stesso periodo si affacciavano anche le prime immagini della pandemia in Cina, con Wuhan e i suoi abitanti chiusi in casa. Scene inimmaginabili, che presto avremmo purtroppo vissuto anche in Italia.

E l’emergenza Coronavirus ha fatto passare in secondo piano l’emergenza Australia, dove sono andati in fumo più di 19 milioni di ettari di territorio.

Un report WWF pubblicato a luglio 2020 (Australia's 2019-2020 Bushfires: The Wildlife Toll), ed effettuato da cinque diverse istituzioni, ha stimato che ad aver sofferto le conseguenze degli incendi potrebbero essere stati quasi 3 miliardi di animali, in gran parte rettili e anfibi, ma anche 180 milioni di uccelli e 143 milioni di mammiferi.

Questi numeri comprendono sia gli animali morti direttamente negli incendi da cui non riuscivano a scappare, che quelli che si sono poi ritrovati a vivere in un habitat particolarmente ostile con pochissima acqua, pochissime prede e pochissimi luoghi in cui ripararsi da eventuali predatori.

Dermot O’Gorman, amministratore delegato di WWF Australia, ha detto: «È difficile pensare a un altro evento che negli ultimi decenni, ovunque nel mondo, abbia ucciso o avuto un impatto su così tanti animali. Per la biodiversità, è uno dei peggiori disastri della storia moderna».

Dal WWF Lecco al WWF Australia

Sulla base della consapevolezza delle conseguenze che la perdita di biodiversità determina in termini di diffusione di malattie infettive, l’impegno del WWF per la tutela ambientale non è quindi un lusso, ma un preciso impegno che va anche a tutelare la salute umana.

Per questo motivo WWF Lecco ha deciso di destinare una donazione di duemila euro al WWF Australia nell’ambito del “Bushfires Appeal”, una risposta all’emergenza incendi per salvare la fauna selvatica, ripristinare ciò che è andato perduto e proteggere la biodiversità del continente australiano.

«È stato un anno difficile anche per l’associazionismo» -dice Lello Bonelli, presidente WWF Lecco- «tra la burocrazia cui siamo stati costretti per gli adeguamenti normativi del Terzo Settore e il blocco di tutte le attività “in campo”: abbiamo dovuto rinunciare ai tradizionali corsi, serate, eventi… tutte occasioni che normalmente contribuiscono alla raccolta fondi per la nostra Associazione.»

«Abbiamo potuto assicurare un minimo di attività, soprattutto per i bambini, con il concorso di disegno online, le escursioni naturalistiche (ovviamente limitatissime nel numero di partecipanti), la pubblicazione di un libretto, scritto e illustrato da nostri attivisti, in collaborazione con il Parco Monte Barro.»

«Siamo riusciti ad assicurare la nostra attività di “vigilanza” sul territorio, con osservazioni ai PGT dei Comuni, segnalazioni, opposizioni e denunce su ogni tentativo di sfruttamento del patrimonio ambientale, non ultimo l’esposto alla Corte dei Conti lombarda per lo scellerato taglio dei pini di Malgrate. Siamo attenti alle problematiche derivanti dalle cave, dal progetto di teleriscaldamento alimentato a rifiuti, dalle scorribande di motocross sul Monte di Brianza. E appena portiamo a casa qualche vittoria, come nel caso del blocco della centralina idroelettrica sul torrente Fraina, subito bisogna ripartire per bloccare un altro tentativo di attacco ambientale sul Pioverna, o i progetti di inquinamento luminoso delle nostre montagne…»

«Le tematiche da gestire non ci mancano, ma per assicurare, oltre all’impegno locale, anche la vision internazionale della più grande associazione ambientalista a livello mondiale, ci è sembrato doveroso contribuire a un progetto come quello del WWF Australia, con uno sforzo economico per noi particolarmente impegnativo in quest’anno così difficile.».

Il grazie da Sydney a Lecco

«Dear WWF Lecco team» -comincia così la lettera di Dermot O’Gorman, CEO di WWF Australia – che ringrazia il panda lecchese per «la vostra generosissima donazione», che andrà a sostenere in particolare le attività finalizzate a «ripristinare le foreste e l'habitat della fauna selvatica, fermare la deforestazione, creare corridoi sicuri per la nostra fauna selvatica…».

 «Sono davvero grato» -sottolinea O’Gorman- «per la vostra generosità e spero che vi sentiate tutti orgogliosi sapendo che state facendo la differenza per la fauna selvatica nativa dell'Australia.».

 

 Spacecannon e inquinamento luminoso

È di pochi giorni fa la notizia che l’azienda Spacecannon, con sede in Costa Masnaga, avrebbe individuato nelle montagne lecchesi un possibile progetto.

Prima di tutto, i protagonisti della vicenda. Spacecannon è un’azienda nata nella Provincia di Lecco, che si occupa di illuminazione architettonica: usa la luce come strumento per valorizzare edifici e costruzioni, proiettando colori e forme sugli stessi. A quanto pare, tuttavia, il nuovo progetto potrebbe riguardare non soltanto strutture di interesse architettonico, ma anche elementi naturali del lecchese.

Spacecannon, infatti, nei giorni scorsi ha condotto alcune prove di illuminazione della Grignetta, del Santuario di Santa Maria di Mandello e del Sasso Cavallo. In sostanza, l’azienda di Costa Masnaga ha proiettato potenti fasci di luce sulle montagne per illuminarle e renderle visibili anche da lontano.

Se l’intento può anche essere quello di valorizzare il patrimonio naturale della Provincia di Lecco, la modalità di realizzazione e il progetto in sé lasciano quantomeno perplessi, anche alla luce (è proprio il caso di dirlo) della normativa regionale in materia, recentemente riformata con la L.R. n. 31/2015.

La citata Legge Regionale, infatti, rubricata «Misure di efficientamento dei sistemi di illuminazione esterna con finalità di risparmio energetico e di riduzione dell’inquinamento luminoso», ha come espressa finalità «la salvaguardia delle condizioni naturali nelle zone di particolare tutela dall’inquinamento luminoso e la riduzione dell’inquinamento luminoso sul territorio regionale, nell’interesse della tutela della salute umana dei cittadini, della biodiversità e degli equilibri ecologici».

Ai sensi della medesima Legge Regionale, «i parchi nazionali, i siti di Rete Natura 2000 e le aree a parco naturale inserite nelle aree regionali protette di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale), costituiscono zone di particolare tutela dall’inquinamento luminoso».

La “spettacolarizzazione” dei nostri meravigliosi paesaggi sta nella loro “naturalità” ed è quindi il caso di effettuare una riflessione maggiore e più approfondita per quanto riguarda l’aspetto ambientale. I potenti fasci di luce proiettati da Spacecannon nell’ambito di iniziative analoghe a quella qui considerata, infatti, costituiscono pur sempre un improvviso e invasivo mutamento dello status quo naturale delle montagne, della fauna ivi presente. Rispetto alle precedenti iniziative di Spacecannon, infatti, la proiezione sulle montagne lecchesi andrebbe ad interessare un ambiente naturale per così dire “densamente popolato”, in cui gli animali sarebbero “aggrediti” dai potenti strumenti di illuminazione dell’azienda.

Un recente lavoro pubblicato nel 2020 da Owens e colleghi sulla nota rivista scientifica internazionale Biological Conservation, evidenzia ad esempio come l’inquinamento luminoso notturno sia uno dei fattori chiave coinvolti nel declino degli insetti, classe a cui appartiene la stragrande maggioranza degli impollinatori, che hanno un ruolo chiave negli ecosistemi montani.

Uno studio condotto sulla cinciallegra da Raap e colleghi (2015) e pubblicato su Scientific Reports, prova invece come l’inquinamento luminoso possa avere un impatto significativo sul sonno degli animali selvatici, ed un articolo recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Ecology & Evolution da Sanders e colleghi (2021) analizza quale sia l’impatto biologico dell’illuminazione notturna, evidenziando ad esempio un particolare effetto sul termine e sull’inizio dell’attività della fauna.

Se effettivamente l’intento dell’azienda di Costa Masnaga è, come recentemente dichiarato, «creare un connubio tra aspetto estetico, tecnologico e ambientale» (così dichiarava su una testata locale l’Ingegner Gianmario Invernizzi di Spacecannon), l’aspetto ambientale non può e non deve rimanere confinato nel mero risparmio energetico, ma deve considerare l’impatto più ampio creato sull’ambiente.

WWF Lecco, nel corso degli ultimi anni, è già intervenuta più volte con documentate segnalazioni di inquinamento luminoso ad alcune Amministrazioni comunali della provincia, risolte poi con esito positivo a vantaggio della protezione del patrimonio ambientale da questo tipo di ingerenza artificiale.

Anche oggi, pertanto, l’Associazione conferma la propria attenzione sul tema, certa che ogni ulteriore passo a riguardo sarà frutto di un’attenta valutazione dell’impatto ambientale e dell’assoluto rispetto della normativa in materia.

 

Il presente comunicato è condiviso e sottoscritto da

Lello Bonelli, Presidente WWF Lecco

Laura Todde, Presidente Circolo Legambiente Lecco

Gabriella Suzanne Vanzan, Responsabile Mountain Wilderness Lombardia

Lello Bazzi, Coordinatore CROS Varenna

Sabato, 23 Gennaio 2021 06:45

POTENZIARE IL "GREEN" NEL RECOVERY PLAN

Coldiretti Como Lecco: Recovery Fund e foreste urbane, “occasione per una svolta green nelle città”

“Bisogna intervenire in modo strutturale ripensando lo sviluppo delle città e favorendo
la diffusione del verde pubblico e privato bilanciato sulle realtà dei singoli territori”

COMO-LECCO – Puntare sul verde per una svolta green e per dare respiro a uno dei comparti che più ha sofferto la crisi contestuale all'emergenza-pandemia, quello legato al florovivaismo e alla manutenzione del verde: una spina dorsale per l'economia lariana, articolata in oltre 1400 imprese operanti nei due comparti e suddivise tra le province di Como (oltre 950) e Lecco (oltre 450), con quasi 3000 addetti.

“Dal Recovery Fund può derivare una spinta importante alla sostenibilità urbana che punti sulla valorizzazione del verde come elemento di qualità di vita e accoglienza, con ricadute importanti anche per il settore primario” spiega Fortunato Trezzi, presidente di Coldiretti Como Lecco unitamente a Roberto Magni, imprenditore florovivaistico e membro di giunta Coldiretti. “E’ importante progettare adeguatamente e correttamente gli interventi anche attraverso una necessaria programmazione delle produzioni attuando specifici contratti coi produttori, tenendo soprattutto conto delle tempistiche e del ciclo produttivo delle piante”.

“Con l’inquinamento dell’aria che è considerato dal 47% dei cittadini la prima emergenza ambientale bisogna intervenire in modo strutturale ripensando lo sviluppo delle città e favorendo la diffusione del verde pubblico e privato con le essenze più adatte alle condizioni climatiche e ambientali dei singoli territori. L’obiettivo è quello di creare vere e proprie oasi mangia smog nelle città dove respirare area pulita grazie alla scelta degli alberi più efficaci nel catturare i gas ad effetto serra e bloccare le pericolose polveri sottili”.

Per questo Coldiretti e Federforeste hanno presentato il progetto di respiro nazionale “Bosco vivo e foreste urbane”, per piantare in Italia 50 milioni di alberi nell’arco dei prossimi cinque anni nelle aree rurali e in quelle metropolitane anche per far nascere foreste urbane con una connessione ecologica tra le città, i sistemi agricoli di pianura a elevata produttività e il vasto e straordinario patrimonio forestale presente nelle aree naturali anche con i fondi europei del Recovery Fund per rispondere alle vertenze ambientali. Una pianta adulta – precisa Coldiretti – è capace di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili e un ettaro di piante elimina circa 20 chili di polveri e smog in un anno. A provocare lo smog nelle città è l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, del traffico e della ridotta disponibilità di spazi verdi.

La situazione è diversa nelle aree rurali dove le foreste hanno continuato a espandersi, a causa dell’incuria e dell’abbandono, diventando vere giungle ingovernabili. Per difendere il bosco italiano occorre creare le condizioni affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli. “Importante – rimarca Magni – è il ruolo che gli enti amministrativi e anche quelli gestori delle aree protette (parchi ecc.) possono svolgere per garantire il non abbandono e il presidio del territorio favorendo la presenza di una agricoltura responsabile e sostenibile ambientalmente ed economicamente al proprio interno”.

Il progetto si pone quindi anche l’obiettivo di gestire il patrimonio forestale in maniera sostenibile per contribuire al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 favorendo lo stoccaggio del carbonio da parte delle superfici forestali e delle foreste urbane. Un impegno importante anche per assicurare un presidio attivo contro il dissesto idrogeologico, incendi ed altre forme di impoverimento dei territori, contrastare l’abbandono di tale aree e valorizzare la filiera del legno 100% Made in Italy anche al fine di scongiurare le importazioni illegali di legno. Un obiettivo che richiede una programmazione pluriennale della messa a dimora, coltivazione e manutenzione delle foreste da parte degli agricoltori e degli imprenditori del verde rilanciando i servizi di consulenza e le attività turistiche ricreative in tali aree.

 

Una ricerca su mille città europee appena pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Planetary Health e realizzata da Università di Utrecht, Global Health Institute di Barcellona e Tropical and Public Health Institute svizzero, conferma adesso che la Pianura padana è il luogo in Europa in cui si muore di più di inquinamento.

La classifica è sconfortante, in particolare per quanto riguarda le morti per polveri sottili, le pm 2,5. Le dieci città in Europa con il maggior carico di mortalità attribuibile a questi inquinanti sono: Brescia (Italia), Bergamo (Italia), Karviná (Repubblica Ceca), Vicenza (Italia), Unione metropolitana dell'Alta Slesia (Polonia), Ostrava (Repubblica Ceca), Jastrzebie-Zdrój (Polonia), Saronno (Italia), Rybnik (Polonia), Havirov (Repubblica Ceca). Verona è all'11esimo posto, Milano al 13esimo, Treviso al 14esimo, Padova al 15esimo, Como al 17esimo, Cremona al 18esimo, Busto Arsizio al 19simo, Pavia al 21esimo, Novara al 22esimo, Venezia al 23esimo, Pordenone al 24esimo, Piacenza al 25esimo, Ferrara al 26esimo, Torino al 27esimo, Gallarate al 29novesimo, LECCO al 41esimo posto. A questo si deve aggiungere che Torino è la terza città in Europa per mortalità associata al diossido di azoto, e l'area metropolitana di Milano la quinta (tutti i dati si riferiscono al 2015).

Come riassume l'Health Effects Institute di Boston l'esposizione a breve termine all'inquinamento atmosferico può causare e aggravare allergie, asma, e bronchite, infiammazioni alle basse vie respiratorie. Alti livelli di pm 2,5 (le polveri sottili) possono causare nell'immediato attacchi di cuore, aritmie e «persino la morte» alle persone che hanno già problemi cardiaci. Si è visto anche che quando le polveri sottili sono più alte aumentano le assenze per asma dei bambini a scuola. Ma è soprattutto l'esposizione a lungo termine a far male, anche ai sani: causa diabete, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva (un’ostruzione irreversibile delle vie aeree), cancro ai polmoni e cardiopatia ischemica. Nelle zone particolarmente inquinate si registrano inoltre tassi più alti di disfunzioni metaboliche, disturbi del sistema nervoso centrale (tra cui malattie neurologiche e psichiatriche), nascite premature, sottopeso o con un ritardo di crescita. In altre parole quando una persona ha un ictus, o il diabete, molto spesso è perché è malata di inquinamento.

Uno studio realizzato da Greenpeace Italia e Ispra, e citato da Greenreport, «in Italia riscaldamento e allevamenti intensivi sono responsabili in totale del 54% del pm 2.5». Il biossido di azoto invece è prodotto soprattutto dal traffico automobilistico, e questo spiega perché i livelli più alti si registrano a Torino e Milano. Non abbassare le emissioni però ha un costo umano altissimo. «Nelle sole città italiane prese in considerazione, rispettando gli standard dell'Oms, si potrebbero evitare ogni anno quasi 15 mila morti premature» calcola ancora Greenpeace.

Un'ultima cosa: una conferma della pericolosità dello smog per la salute arriva anche dall'epidemia di Covid 19. Francesca Dominici, scienziata italiana dell'Università di Harvard, ha dimostrato con il suo gruppo di ricerca che «basta una differenza di un microgrammo nella media di pm 2,5, il particolato ultrasottile, per aumentare il tasso di mortalità del nuovo coronavirus del 15 per cento». Non è un caso che la Pianura Padana è uno dei luoghi al mondo che ha pagato il più alto tributo di morti alla pandemia.

Ha suscitato parecchio sconcerto tra gli ambientalisti lecchesi e valsassinesi la notizia, diffusa da un noto giornale online , Lecconotizie.com , dell`intenzione di una societa`di Costamasnaga, Spacecannon, di illuminare di notte le montagne lecchesi con fasci di luce laser, puntate sulla Grignetta, il Sasso Cavallo, e il Santuario di Santa Maria sopra Mandello.

L`idea sarebbe dell`imprenditore Gianmario Invernizzi, che insieme al fratello organizza queste "luminarie" fuori stagione anche a livello internazionale.
Prove tecniche, con lampade a led di 150 Watt, si sarebbero gia` svolte verso la Grignetta e il Grignone (da cui la foto):"Sono lecchese - dice l`Invernizzi - amo il territorio immerso nelle montagne, perciò il mio sguardo non poteva che posarsi su queste pareti".

Ecco, era meglio se si fosse posato su qualcos`altro !

Gia` gli animali selvatici d`inverno, con il freddo e la neve, hanno le loro grandi difficolta`: la simpatica fondatrice di Shangry La`, la ex Guardia Caccia Cristina Rovelli abitante a Pasturo, all`inizio di ogni Inverno raccomanda di lasciare loro delle briciole sui davanzali delle finestre (se uccelli) o altro cibo, per facilitarli in un periodo di grande difficolta`.

Se pero` ci si mette anche qualcuno sparare loro addosso fasci di luce laser, la situazione non e` il massimo !

" Abbiamo appreso anche noi della notizia con sconcerto - ci dice la Presidente di Legambiente Lecco Laura Todde - e stiamo valutando insieme al WWF come intervenire.
Non ho ben capito però come, quando verrebbe realizzata questa installazione, e immagino comunque che debba passare attraverso una procedura di VIA per la Valutazione dell'Impatto Ambientale, mi sembra assurdo che abbiano già fatto le prove senza nessuna limitazione."

Insomma, finche` i fasci di luce illuminano monumenti, palazzi (Villa Migliavacca a Introbio per esempio e` illuminata dal periodo natalizio), o altri manufatti, va tutto bene.

Ma quando si disturba la quiete degli animali, che di notte hanno diritto al loro ciclo o a un meritato riposo, la faccenda assume un altro aspetto: ci si augura che nessun ente pubblico, tantomeno il Comune di Lecco appena conquistato dal neo Sindaco Mauro Gattinoni, avalli questa discutibile iniziativa.

Qualità aria 2020 Lombardia: su base pluriennale continua a migliorare. Rispettato il valore limite medio annuale di 40 µg/m³ di particolato (Pm10). I dati confermano che il traffico non è la principale causa dell’inquinamento, anche a fronte del lockdown e del blocco della mobilità per il Coronavirus.

Questi sono alcuni dei dati presentati dall’assessore all’Ambiente e Clima della Regione LombardiaRaffaele Cattaneo, durante la conferenza stampa di presentazione dei dati sulla qualità dell’aria. Nell’occasione presentato il ‘pacchetto’ di incentivi da 100 milioni di euro messo a punto dalla Regione.

All’incontro sono intervenuti il presidente dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) Stefano Cecchin e il dirigente Guido Lanzani.

“Nel 2020 sul il territorio regionale – ha spiegato Cattaneo – è stato rispettato per il Pm10 il valore del limite medio annuo di 40 µg/m³. I dati sono comunque sorprendenti perché il lockdown, con il conseguente blocco del traffico veicolare, non ha portato a una significativa diminuzione dei giorni di superamento del valore limite giornaliero (50 µg/m³). Al contrario c’è stato un leggero incremento rispetto al biennio precedente, per il prevalere di fattori meteorologici negativi. Questo a dimostrazione che il traffico non è la principale causa dell’inquinamento”.

“In effetti – aggiunge Cattaneo – nei mesi di gennaio, febbraio e novembre le precipitazioni sono state addirittura inferiori ai valori minimi degli ultimi 15 anni. Questo ha creato situazioni particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti e in diverse centraline è stato superato il numero dei 35 giorni, sebbene in misura variabile a seconda delle città. Non a caso i superamenti dei valori del Pm10 si sono concentrati soprattutto in questi mesi”.

“L’analisi – ha sottolineato Stefano Cecchin – è frutto di un lavoro complesso. Diversificato in base al contesto ambientale: traffico, industriale e di fondo. E in base alle sostanze, monitorate h24, 365 giorni l’anno”.

Si tratta di: No2 (biossido di Azoto), So2 (Ossido di Zolfo), Co (Monossido di Carbonio), O3 (Ozono), Pm10 (particolato con diametro inferiore ai 10 micron), Pm2.5 (particolato con diametro inferiore ai 2.5 micron) e benzene.

I livelli di No2 (biossido di Azoto quelli più direttamente riferibili al traffico veicolare) risultano i più bassi di sempre, con superamenti della media annua limitati a poche stazioni, quelli di Pm10 rispettano ovunque la media annuale, ma superano anche nel 2020 in modo diffuso i limiti sul numero massimo di giorni oltre la soglia di 50 µg/m3. I superamenti del Pm2.5 sono circoscritti a un numero molto limitato di stazioni del programma di valutazione, mentre benzene, monossido di carbonio e biossido di zolfo sono ampiamente sotto i limiti. L’ozono, invece, ha fatto registrare un numero inferiore di sforamenti delle soglie d’informazione e di allarme rispetto agli anni precedenti, pur con un quadro di diffuso superamento degli obiettivi previsti dalla normativa per la protezione della salute e della vegetazione.

“Siamo in un trend complessivamente positivo – ha concluso Cattaneo – e in miglioramento su base pluriennale. Quanto ho detto prima conferma la complessità del tema della qualità dell’aria. Talvolta risulta addirittura contraddittorio e necessita di un quadro di interventi che agiscano su una molteplicità di fattori. Dalla mobilità al riscaldamento domestico, dalle limitazioni delle emissioni in agricoltura alla riduzione dei fattori che determinano la formazione di particolato secondario in atmosfera”.

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