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I GRAPPOLI D'ORO DI VALINOR

Martedì, 17 Gennaio 2023 08:00 Scritto da  Elio Spada

Il suo tronco non possiede le spire ritorte e serpeggianti del glicine che spesso si arrampicano lungo i muri delle nostre case, ma le infiorescenze a grappolo sono molto simili. Anche se i fiori riprodotti nella foto non sono violetti ma di un bel giallo cromo. L’immagine è stata scattata nel giugno dell’anno scorso lungo la strada che conduce alla Bocca di Biandino. Il Maggiociondolo (è di questo che stiamo parlando) è chiamato dai botanici “Laburnum anagyroides” anche col significato di “maleolente, fetido” a causa dell’odore nauseante prodotto dallo strofinamento di fiori e foglie. L’epiteto generico “Laburnum”, (citato da Plinio il Vecchio nella “Naturalis historia”; XIII, 47, 130-134), è di origine latina ma di etimo incerto.

Secondo alcuni “Laburnum”, deriverebbe dal latino “alburnum” (da “albus”, perché il legno del Maggiociondolo è quasi bianco. L’appellativo specifico “anagyroides” ha radice greca e fa riferimento al Carrubbazzo, una pianta leguminosa diffusa in ambiente mediterraneo, molto simile al Maggiociondolo per il colore dei fiori e l’aspetto delle foglie, citata da Dioscoride Pedanio (I secolo). Api e altri insetti sono ghiotti del polline prodotto dal Maggiociondolo mentre per gli esseri umani fiori, semi e foglie di questa essenza vegetale costituiscono un grave pericolo a causa dell’elevato contenuto di alcaloidi tossici come la Citisina. Anche se quest’ultima viene usata in fitoterapia per produrre una soluzione con proprietà dissuasive contro il fumo.

Ma se volete smettere di fumare non fatevi una spremuta di Maggiociondolo e rivolgetevi al medico: il rimedio potrebbe risultare molto peggiore del male. Persino il latte dei bovini che si sono cibati di fiori e foglie di Laburnum, diventa tossico e non può essere utilizzato a scopi alimentari. Il legno di questa pianta è molto duro e resistente alle intemperie. Viene quindi spesso impiegato nella produzione di manici per attrezzi da lavoro, nella costruzione di palizzate, steccati, strumenti musicali e sculture. Il Maggiociondolo occupa un posto d’onore nella narrativa del secolo scorso. Infatti è presente anche in un’opera di J.R.R. Tolkien. L’autore de “Il Signore degli anelli” si è ispirato proprio al Maggiociondolo quando, nel “Silmarillion”, ha descritto l’albero d’oro “Laurelin” che a Valinor, accanto a “Telperion” la pianta d’argento, illuminava il regno dei Valar.

Ultima modifica il Martedì, 17 Gennaio 2023 08:01
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