"I DIVERSI LINGUAGGI DI DOMENICA REGAZZONI": INTERVISTA SUL GIORNALE DELL'ARTE ALL'ARTISTA VALSASSINESE
Continua il percorso artistico di Domenica Regazzoni, pittrice e scultrice valsassinese che il 24 settembre sarà presente con sue opere alla Paula Seegy Gallery di Milano. La figlia di Dante Regazzoni (postino per necessità e tra i più rinomati liutai italiani di ogni tempo per passione) aggiunge un altro tassello alla sua lunga "carriera" che l'ha vista esporre in ogni parte del mondo, esperienze straordinariamente raccontate nel catalogo a lei dedicato da Allemandi.
Ed alla vigilia della nuova mostra, il Giornale dell'Arte ha incontrato Domenica: il risultato è l'intervista che vi proponiamo.
Domenica Regazzoni è da anni sulla scena artistica nazionale, a partire dai Settanta, quando ancora frequentava l’Accademia di Brera a Milano e dipingeva intensi autoritratti che gradualmente, nei decenni successivi, si sono scomposti a favore di una pittura materico-informale. La sua ricerca eterogenea, che si manifesta attraverso dipinti, variegate sculture e piccole, raffinate composizioni, quest’ultime ispirate dalla poesia «haiku», è stata fortemente influenzata dalla musica che è parte del dna personale e familiare dell’artista. Dal padre liutaio al fratello compositore sino allo stesso figlio, violinista, sonorità diverse hanno infatti accompagnato la carriera di Regazzoni, i cui incontri con personaggi del calibro di Mogol (Giulio Rapetti) e Lucio Dalla hanno anche dato vita a intense e feconde collaborazioni.
Frutto di commistioni linguistiche, le sue opere sono «volte a cercare un punto d’incontro tra pittura, musica e poesia, verso le infinite affinità che legano colore e materia, suono e parole», per dirla con Luca Beatrice, autore del volume Allemandi uscito lo scorso aprile che ripercorre le tappe artistiche dell’autrice lombarda. Tra le sue mostre allestite nel corso degli anni si ricordano quelle in Giappone alla fine dei Novanta, inizi Duemila, e, a seguire, quelle alla Fondazione Stelline di Milano, al Complesso del Vittoriano a Roma, a Palazzo Vecchio a Firenze, all’Università Bocconi, al Museo Internazionale e Biblioteca della Musica a Bologna, a la Galerie Miyawaki di Kyoto, all’Italian Shanghai Center, al Palazzo della Permanente di Milano sino alla mostra a Palazzo Accursio di Bologna «Domenica Regazzoni & Lucio Dalla a 4 mani» del 2020, solo per citare le più significative oltre alla partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2011.
Alla vigilia della sua mostra presso la Paula Seegy Gallery le abbiamo rivolto qualche domanda sulla sua ricerca e sui suoi progetti futuri.
Partiamo dal ricco volume recentemente uscito per Allemandi e che ripercorre esaustivamente temi e momenti della sua carriera. Com’è nata l’esigenza di questa pubblicazione?
Dopo 50 anni di lavoro, catalogando le opere, ho sentito l’esigenza di pubblicare questo libro con i variegati sentieri che, da brava montanara, ho percorso in solitudine, partendo da una lunga indagine della figurazione con pastello e acquarello per i paesaggi e i nudi femminili, fino ad arrivare, come dice bene Luca Beatrice nella sua introduzione, «all’essenzialità e al minimalismo espressivo…verso gli universi onirici del subconscio».
Quando si parla della sua arte non si può fare a meno di pensare anche alla musica e al ruolo che essa ha avuto nella sua crescita. Crede che se non fosse nata in un determinato contesto sarebbe diventata comunque un’artista?
La musica è stata davvero, fin da piccolissima, un filo rosso che attraeva tutta la nostra famiglia. Dal laboratorio di mio padre liutaio quotidianamente uscivano «suoni», dapprima forti e ritmati dello scalpello, fino ad arrivare ai profumi intensi delle vernici e alle melodie degli strumenti finiti. Sono stata per anni divisa tra musica e pittura, perché le qualità tonali del suono mi arrivavano interiormente già come colori. Sono cresciuta accanto a un fratello musicista compositore e ho partorito un unico figlio violinista. Ecco, la musica è stata determinante per me: ho studiato per cinque anni chitarra classica, ho cantato, ma poi la pittura ha prevalso sulle altre arti.
Oggi lei si sente più pittrice o scultrice?
Certamente ho dedicato più decenni all’indagine pittorica; solo dopo la dipartita di mio padre liutaio ho sentito l’urgenza di provare gli attrezzi del suo laboratorio per sentirne i «suoni». Da lì ho iniziato a scolpire, dapprima i suoi legni semilavorati e via via ho continuato il percorso della scultura, fino ad arrivare alla richiesta di realizzazione di alcune opere urbane di grandi dimensioni a Bucarest, Segrate, Vieste, Barzio, sempre legate alla musica.
Dal 24 settembre sino al 15 ottobre la Paula Seegy Gallery, con cui lavora da 10 anni, allestirà una sua mostra personale. Cosa ci attende?
Innanzitutto, sono felice di presentare per l’occasione il mio catalogo alla Paula Seegy Gallery perché fin dal primo nostro incontro ha apprezzato e sostenuto il mio lavoro. Sarà presente anche Luca Beatrice che ha curato il volume. Circa le opere esposte, sono state scelte da Paula nel mio studio: spaziano dal figurativo sino agli ultimi collage legati alla poesia «haiku» (componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo, Ndr).
Ci può anticipare qualcosa sui suoi prossimi programmi espositivi?
Dal 4 al 6 ottobre parteciperò all’esposizione «Milano Scultura» che si terrà a Varedo (Mb) presso la Villa Bagatti Valsecchi. Dal 9 al 13 ottobre sarò presente all’Affordable Art Fair di Amsterdam con la Galleria Immaginaria di Firenze e nella galleria della stessa città terrò una personale dedicata alle opere haiku. Il 24 ottobre, con Luca Beatrice presenteremo il volume Allemandi a Torino presso il Circolo dei Lettori. Dal 22 al 24 ottobre faremo lo stesso alla fiera Roma Arte in Nuvola.