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Pubblicato in Cultura

SUL FILO DI LANA

Martedì, 31 Agosto 2021 07:15 Scritto da  Rosalba Negri

La vecchierella, Sirone 1925
Come non pensare a racconti fantastici, a fiabe di fate e streghe, ad antichi miti, osservando questa suggestiva immagine?
Ricordiamo tutti la vicenda della bella addormentata nel bosco che si avventura in una misteriosa stanza del castello e si punge con il fuso di una vecchietta che fila, per poi cadere in un sonno incantato. Pochi invece sapranno che pure la nostra Gibiana in alcune storie di tradizione orale è una figura inquietante, che passa da un tetto all’altro con grandi falcate delle sue lunghissime gambe rosse, calando nei comignoli, fino al focolare, il filo del suo fuso per rapire i bambini.

Nella realtà dei fatti, invece, le filatrici non erano né fate né streghe, bensì donne ‘comuni’, che, con maestria, attraverso diverse operazioni e l’uso di vari strumenti, sapevano ricavare filati da fibre tessili vegetali e animali.
Nel territorio di riferimento del museo, la filatura della lana, ma pure del lino e della canapa, venne praticata fino agli anni ’20 del secolo scorso, spesso nella stalla durante le lunghe veglie invernali. Così una testimone, nata a Bernaga di Perego nel 1913, ricorda la sua mamma che filava la canapa. “Sulla rocca (rùca) metteva la stoppa (stùpa), che era diventata morbida dopo essere stata cardata (scartégiada) con un paletto (palèt) ed un fascio di ravizzone (raüsción), e poi, bagnandosi le mani con la saliva, procedeva alla filatura con il fuso (füüs).” Durante la Seconda guerra mondiale, a causa della mancanza di materia prima, alcune donne ripreso la filatura manuale della lana ricavata da improvvisati allevamenti domestici di pecore. Ma la rocca e il fuso ormai erano stati abbandonati, lasciando il posto al più ‘moderno’ filatoio a ruota, detto filarello.

Se da un lato l’isolamento dei tempi pandemici ha dirottato comunicazioni e relazioni sul piano virtuale dall’altro è andata crescendo l’esigenza compensatoria del fare concreto con il corpo e con le mani. In quest’ambito, pare si stia riscoprendo anche l’antica arte della filatura a mano. In rete troviamo infatti lezioni sulle tecniche basilari per ottenere dalla lana grezza matasse e gomitoli, pronti per essere impiegati nel lavoro a maglia, all’uncinetto, al telaio. Qualcuno ha fatto o sta facendo esperienza in questo campo? Oppure si è cimentato in altre attività artigianali o di bricolage, apprendendo nuove abilità manuali?
Per saperne di più sulla storia della Gibiana e del suo fuso potete acquistare il volume "Fiabe e storie raccolte in Brianza" presso il bookshop del nostro museo o sull'e-commerce de la Libreria Volante
Ringraziamo Rosalba Negri, ricercatrice del MEAB per questo post!

Ultima modifica il Martedì, 31 Agosto 2021 07:24
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