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Lunedì, 01 Febbraio 2021 06:53

Tempio Crematorio a Dervio: e fare un Referendum ?

DERVIO Lettera aperta al Sindaco Cassinelli sul Tempio crematorio.

Caro Sindaco,
come ben sai sono una persona seria e quindi sulla questione del Tempio crematorio da realizzare a Dervio, fino ad ora non mi sono espressa perché non avevo elementi sufficienti. In particolare in questo periodo, riuscire a raccogliere informazioni dalle fonti non è così semplice, come non lo è avere il programma PDF.P7m con cui sul sito del Comune è stato pubblicato lo studio del progetto, a questo proposito mi chiedo anche quante persone siano state in grado di aprire quei files… Ma finalmente sono riuscita a leggerli con un aiuto esterno e quindi per me, da sempre attenta alle questioni ambientali, è ora di esprimermi in merito, valutando la proposta alla luce di altre argomentazioni che credo utile vengano esaminate per dare un giudizio consapevole sulla questione.

Dervio sta già scontando in termini del suo sviluppo, la colpevole mancanza di scelta rimandata negli anni passati, in relazione ad un suo sviluppo posteriore alla vocazione industriale che per decenni è stata quella dominante del paese. Ora che è indubbio che si debba puntare su uno sviluppo turistico e questo stiamo rincorrendo. Dervio è anche un territorio LIMITATO e quindi a maggior ragione l’impatto di ogni insediamento nuovo deve essere valutato attentamente.
Il progetto del Tempio crematorio non influisce sulle aree disponibili sviluppandosi all’interno dell’area cimiteriale ma, la sua realizzazione è compatibile con lo sviluppo turistico che si sta perseguendo?

Insediare nel centro dell’abitato questa struttura è davvero la scelta logistica migliore?
L’aria dove sorge è così “sicura” rispetto a possibili eventi eccezionali come ormai ci stiamo abituando a subire negli ultimi anni? Nessuno avrebbe mai immaginato Dervio alluvionato…eppure è successo e le previsioni climatiche non ci tranquillizzano certo…
Una volta realizzato questo forno crematorio il comune avrà qualche vantaggio economico, ma un buon amministratore dovrebbe anche valutare se un corretto sviluppo turistico possa giovare ai/alle derviesi o se questo progetto è congeniale soltanto per chi lo realizzerà e ne trarrà guadagno. Io onestamente in vacanza in un paese, seppur bello, ma con un forno crematorio in pieno centro, ci penserei due volte ad andarci …

Nello studio ovviamente si dice che tutti i parametri delle emissioni rispetteranno le leggi, ma chi lo garantirà? E’ indispensabile rischiare di avere possibili problemi ambientali a fronte di qualche entrata in più nelle casse comunali, entrata che potrebbe invece compromettere un beneficio economico bel più distribuito tra gli/le abitanti legati economicamente alle attività turistiche? Anche questa è una valutazione che una buona Amministrazione dovrebbe calcolare.
Le risposte che mi sono data mi spingono a schierarmi contro questo progetto che continuo ad essere convinta vada realizzato in una zona periferica o isolata non certo qui.
Non solo, è giusto che una amministrazione agisca contro il volere di molti?

Ovviamente questo progetto non era compreso nel programma elettorale e a maggior ragione un gruppo che aveva fatto della partecipazione, informazione dei/delle cittadini/e uno dei punti cardine del programma elettorale, sta agendo al meglio in questo caso? No! Nessuna consultazione è prevista e non lo è anche se la petizione che sta raccogliendo l’opposizione consiliare fa emergere chiaramente la contrarietà di una grande fetta della popolazione.
Non sarebbe invece opportuno promuovere un referendum consultivo in modo che emerga chiaramente e oggettivamente la volontà dei/delle derviesi? Personalmente non voglio lasciare in mano a 13 Amministratori, di cui uno non eletto, questa scelta e le sorti del mio Paese, neppure se fossero, e non è questo il caso, tutti d’accordo tra loro.

Sindaco e maggioranza eletti e votati, ma la democrazia non prevede fortunatamente mandati assoluti! E, secondo me, una buona amministrazione dovrebbe cercare coesione e consenso per il bene del paese e non fomentare divisioni e scontri… Tra persone che davvero pensano al bene di Dervio, il confronto, la discussione e il dibattito non dovrebbe essere vissuto come un fastidio e soprattutto non dovrebbe assumere connotazioni personalistiche! Anzi, anche l’eventuale abbandono di questo progetto, potrebbe essere indice di buona amministrazione se l’interesse del Paese avesse il sopravvento!
Per questo mi aspetto, che pur nella difficoltà del momento, che si apra dibattito vero e che tutti/e i derviesi siano chiamati ad esprimersi prima di assumere una qualsiasi decisione.
Per conto mio…inizierò con il sottoscrivere la petizione perché anche la mia voce possa essere ascoltata!

F.to Gabriella Friso
Dervio, 31 gennaio 2021

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Lunedì, 01 Febbraio 2021 06:41

L’OMBRA DEL VENTO di C. L. Zafòn

in Cultura

 La Biblioteca perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta.
J. L. Borges

 

Uno stile piacevole, fluido, con alcuni picchi di efficace policromìa. Un tessuto narrativo denso di fenomeni carsici che si moltiplicano in una inarrestabile cascata combinatoria. Una selva fitta di personaggi realizzati a sbalzo con decoroso mestiere. E, come è inevitabile, uno o più misteri che alla fine, solo alla fine ovviamente, vengono svelati.

Meglio: dissolti. O, se preferite, gradualmente disciolti in una soluzione ad alta concentrazione iniziale, addirittura supersatura, che dopo qualche decina di pagine inizia irreparabilmente a perdere di intensità, di peso, di colore per concludersi quando “…figure evanescenti, padre e figlio si confondono tra la folla delle ramblas, mentre l’eco dei loro passi si perde per sempre nell’ombra del vento” insieme all’attenzione di chi legge le 439 pagine del “…libro più venduto in Spagna dopo il Don Chisciotte”. Parola di Internet.
Tanto vento e niente arrosto dunque. Anche se sono numerosi i lettori entusiasti che affollano i blog nei quali ci si occupa con accenti superlativi del romanzo d’esordio di Zafòn.

Un testo che, a dispetto dei necessari ma non sufficienti meriti di cui si diceva all'inizio, si perde per strada finendo in un intrico inutilmente ingarbugliato di oscurità grandi e piccole, di arcani misteri dei quali, quando si materializza la scontata conclusione, non c’è più traccia significativa e catarticamente gratificante come ci si aspetterebbe da in ogni romanzo di genere che si rispetti. Insomma i buoni sono buonissimi; i morti sono mortissimi; i cattivi sono cattivissimi e bruttissimi (ma ci sono almeno un paio di buoni-brutti); i libri sono articoli per bibliomani compulsivi pronti a sacrificare la propria e l’altrui vita per scriverli, leggerli o distruggerli. Anche se del loro contenuto nulla o quasi si dice nella narrazione di Zafòn. E quelli più interessanti sono gelosamente custoditi nell’immensa biblioteca chiamata Cimitero dei libri dimenticati.

Dove, prima o poi, troverà posto anche il romanzo di cui si tratta qui. “L'ombra del vento”, appunto. Un libro che parla di un libro. Un meta romanzo. Ovvero un romanzo a metà nel quale buonismo e cattivismo vengono spalmati, certo con buona tecnica, sulle vicende che partono da una biblioteca che odora molto di Nome della rosa, un po’ di Borges e un tantino, ma solo un tantino, dei disegni transfiniti di Maurits Cornelis Escher: “Era un tempio tenebroso, un labirinto di ballatoi con scaffali altissimi zeppi di libri, un enorme alveare percorso da tunnel, scalinate, piattaforme e impalcature: una gigantesca biblioteca dalla geometria impossibile”. Zafòn non è Eco, né Borges, tantomeno Escher.

Il risultato è un polpettone di bell’aspetto, azzimato e profumato come si conviene, in tempi di micragnosa editoria, ad ogni best seller. C’è dentro tutto, ma proprio tutto: cuori infranti, omicidi, amicizie spezzate, tradimenti, torture e pestaggi, incendi e figli diseredati, donne sofferenti per amore, guerra civile e incivile, poliziotti crudeli e poliziotti buoni, cripte dotate di apposite bare dotate di appositi cadaveri, fughe a Parigi, capitani d’industria decaduti, la penna stilografica di Victor Hugo, vecchie dimore patrizie abbandonate alla rovina. Dovrebbe esserci anche qualche porta che cigola sinistramente ma non ne sono certo. Per capirci: un plot che piacerebbe a Dario Argento, il grande guitto horror de noantri.

Il lettore si trova così a degustare (parola grossissima) una sorta di Big Mac dal sapore indefinibile e di sospetta digeribilità le cui premesse, come abbiamo spiegato, consistono in una biblioteca gigantesca, l'importanza della quale, nello sviluppo dell'azione svanisce col procedere della narrazione. Una struttura immensa che odora “…di polvere e di magia”. Nemmeno Harry Potter potrebbe esprimere un nonsenso così banalmente perfetto. Né potrebbe lasciarsi “…trascinare in un turbine di emozioni sconosciute…” mentre il campanile della cattedrale batte… Indovinate un po’ che ora è. Difficile, no? Ma provateci uguale.

E poi ci sono i personaggi il cui spessore psicologico, senza eccezione alcuna, non supera il micron. Dopo qualche pagina dalla prima comparsa del “misterioso” individuo (adeguatamente sfigurato in volto da qualche tremendo accidente (tranquilli il mistero sarà chiarito) anche il lettore poco meno che distratto capisce di chi si tratta. E come può chiamarsi l’ispettore della policia di Barcellona cattivo e puteolente se non Fumero? Quasi onomatopeico. Sapete che fine farà? Non ve lo dico per non rovinarvi il clamoroso finale. Dimenticavo una precisazione necessaria: Zafòn non è un alias di Conan Doyle .

Insomma, per non farla lunga, “L’ombra del vento” è un agguerrito candidato per un posto d’onore all’interno del “tempio tenebroso” di cui sopra, dove si respira “…profumo di carta e magia.” come scrive Zafòn, con ispirato e illuminato lirismo, in un altro best seller, (“Il gioco dell’angelo”). Meglio, molto meglio, l’interminabile serie di J. K. Rowling nella quale, almeno, la magia non è una metafora umidiccia e maghi e maghetti cavalcano scope biturbo e ci danno dentro di brutto fregandosene platealmente della propria e altrui credibilità. Zafòn, invece, si prende molto sul serio. Un peccato mortale perpetrato in presenza certa di materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.

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