Su "Il Grinzone" (il bel periodico di Pasturo sempre ricco di informazioni interessanti non solo per Pasturo ma anche per tutta la valle) è stata pubblicata un'intervista con il Dott. Gianpiero Bellini che vi proponiamo anche noi nella sua interezza. Un sentito ringraziamento a Guido Agostoni e a tutti i promotori del Grinzone per avercelo concesso.
“Sono arrivato in Valsassina per la prima volta la domenica delle Palme del 1979, con una pioggia torrenziale, e devo dire che l’impatto non è stato dei migliori…”
Giampiero Bellini, da poco laureatosi in Medicina e Chirurgia, lavorava allora come assistente all’ospedale Sant’Anna di Como. Alcuni giorni prima si era rivolto all’Ordine dei Medici di Como per informarsi circa eventuali proposte di lavoro migliorative: “Lì dovevo lavorare veramente molto e lo stipendio lasciava a desiderare…”. Il sabato successivo lo informano che era disponibile la condotta medica consortile (allora si chiamava così) di Introbio, Pasturo e Primaluna. Decide di saperne di più e con l’allora fidanzata Pierangela Ferrari viene a… prendere visione del territorio.
Ha un colloquio col sindaco di Introbio Italo Rupani che gli dice subito, senza mezze misure, di pensarci bene; c’è bisogno di una figura stabile per cui, se decide di accettare, deve anche poi rimanere. Rincarano la dose, spingendo molto perché accetti, il dr. Fontana, il titolare che aveva da poco deciso di lasciare la condotta, e il dr. Salvi, che aveva molti mutuati in quei Comuni...
“Ero anche un po’ spaventato perché avrei dovuto essere il riferimento sanitario di tre Comuni non proprio piccoli, e allora significava essere l’ufficiale sanitario ed avere a proprio carico tutte le vaccinazioni, le certificazioni sanitarie, la Medicina Scolastica, le commissioni edilizie e le abitabilità, ecc; tutte cose di cui non avevo esperienza e in luoghi che non conoscevo affatto. Poi c’era Pierangela, che allora studiava all’Università e lavorava come babysitter presso alcune famiglie milanesi, anche di un certo prestigio, con cui aveva instaurato un ottino rapporto, e non era così propensa a trasferirsi”.
Il posto era certamente allettante e anche dal punto di vista economico non c’era paragone con la situazione precedente. Bellini decide di accettare e, dopo un breve periodo in cui alloggia presso l’albergo Sala di Introbio (“Non c’erano i cellulari… e mi facevano anche da segreteria e ‘centralino’ per eventuali chiamate”) trova casa a Pasturo da Pino e Franca Colombo. Fra l’altro, non molto tempo dopo, il dr. Salvi gli comunica che intende chiudere la sua attività e lo invita a prendersi carico dei suoi assistiti, sostanzialmente quasi tutti gli abitanti di Introbio, Pasturo e Primaluna… Inizia un’attività molto intensa e certamente stimolante: “Ricordo ancora la prima chiamata, un’urgenza qui a Pasturo per una peritonite; diagnosticata e inviata subito all’ospedale; tutto si è risolto per il meglio”.
Come pubblico ufficiale, in quel periodo, ha avuto anche alcune pressioni in particolare in materia edilizia e per le abitabilità. Erano gli anni in cui l’inflazione correva a due cifre e poter fare gli atti notarili di vendita in tempo utile era importante. “Ho sempre cercato di trovare le soluzioni per poter dare un esito positivo alle pratiche che mi venivano sottoposte, senza cedere però a pressioni indebite e devo dire che sono contento di aver sempre agito così. A Introbio mi avevano offerto addirittura un monolocale se avessi sottoscritto delle abitabilità, con l’impegno che poi avrebbero sistemato tutto. Ma in famiglia mi avevano insegnato che non si devono mai firmare cambiali in bianco… Un’analoga situazione l’ho avuta a Moggio, dove ho sostituito il dr. Spinola assente per ferie. In entrambe le circostanze mi sono dato da fare per trovare e proporre le opportune soluzioni compatibili con la normativa e quindi legalmente possibili”. Ripensandoci Giampiero si dice soddisfatto e quasi orgoglioso del comportamento tenuto anche se, con un sorriso, si lascia scappare, “dopo non mi hanno detto neppure grazie”.
Giampiero Bellini, nato nel ’52 a Lezzeno sul lago di Como, materna ed elementari in paese “con una maestra, Giacomina, fantastica e bravissima”, frequenta le medie al collegio Gallio di Como dove prosegue anche col Ginnasio e il Liceo Classico. “Mio papà, nato nel 1930 e morto all’inizio di quest’anno, voleva che facessi ragioneria perché, dopo una vita travagliata, prima come pescatore e poi allevatore di polli, aveva aperto una officina di minuteria metallica ed avrebbe voluto che lo affiancassi. A 20 anni si era sposato e quando sono nato io - in casa perché la mamma non ha fatto in tempo ad andare all’ospedale - stava facendo il servizio militare a Udine”. Giampiero è il primogenito; successivamente nascono Rosanna nel 1954 e Cristina nel 1965.
Dopo la maturità Giampiero si iscrive a Medicina all’Università di Pavia, frequentata anche da diversi suoi amici o compagni di liceo, dove si laurea nel 1978.
Nel frattempo si era fidanzato con Pierangela, conosciuta ad una festa tra amici e poi rivista alcune volte a Bellagio dove lei viveva. “Era molto brava a scuola, la prima della classe, ed avrebbe voluto frequentare il Liceo ma, su indicazione dei familiari, si era iscritta all’Istituto Magistrale di Lecco dove, fra le altre, aveva come compagne di classe anche alcune ragazze di Pasturo (Rosalinda Orlandi e Maurizia Carozzi). Finite le Magistrali e l’anno integrativo si iscrive a Scienze Biologiche all’Università di Milano”.
Giampiero e Pierangela si sposano nel settembre del 1979, dopo pochi mesi che si era trasferito in Valsassina. Fra l’altro in quel momento si era liberata anche la “condotta medica” di Bellagio che gli fu proposta; molti dei suoi amici insistevano perché accettasse ma aveva da poco iniziato in Valsassina ed aveva dato la sua parola che sarebbe rimasto… e non si è mai pentito della scelta. Nel 1982 la famiglia Bellini si trasferisce ad Introbio dove, dieci anni dopo, acquista una villa di proprietà della famiglia Cademartori.
Nel 1990 nasce Marco, laureato in Architettura, che ora vive e lavora a Milano, e nel 1994 nasce Claudio, laureato in Ingegneria dei materiali.
Nel 1978 viene approvata dal Parlamento la legge di riforma Sanitaria, la legge 833, per cui il dr. Bellini vive in prima linea tutti gli anni del passaggio delle varie attività al Servizio Sanitario Nazionale. Gradualmente, dal 1980 al 1987, le funzioni di ‘medico condotto’ a partire dalle pratiche edilizie alle vaccinazioni e a tutte gli interventi come ufficiale sanitario, sono trasferite all’USSL e si passa, per quanto riguarda l’assistenza sanitaria delle persone, alla convenzione sia per i Medici di Medicina Generale che per i Pediatri, con l’indicazione dei massimali (cioè il numero massimo di assistiti a carico di ciascun medico).
Chi, come il dr. Bellini, provenendo dalla situazione pre-riforma, aveva un numero di assistiti superiore ai 1.500 previsti, poteva avere un medico ‘associato’. E’ in quell’occasione che Magni Flaminio (Mingo) di Introbio gli propone di prendere con lui suo genero, il dr. Libero Tamagnini, che si era da poco sposato e stava finendo il servizio militare: “Abitava vicino a me e quindi poteva anche sostituirmi quando non c’ero, per cui ho accettato volentieri passandogli circa 1000 mutuati, in particolare quelli di Introbio e di Primaluna, dove il dr. Tamagnini teneva l’ambulatorio, mentre io ho mantenuto soprattutto quelli di Pasturo.”
In Valsassina, fra i primi posti in Italia, è stata attivata anche la Medicina di Gruppo (alcuni medici si ‘mettono insieme’ condividendo spazi, con una segreteria ed un supporto infermieristico, potendosi confrontare ed anche, in caso di necessità, sostituirsi vicendevolmente) di cui il dr. Bellini è stato uno dei sostenitori e addirittura un anticipatore: “In effetti ricordo che in una riunione ho proposto che invece di un aumento di stipendio ci fosse concesso di avere una segretaria ed un’infermiera. Questo permetteva a noi medici di dedicarci meglio ai pazienti e agli assistiti di avere sempre un punto di riferimento per informazioni ecc. Ed è quello che successivamente, anche dal punto di vista normativo, è avvenuto. Non tutti i colleghi condividevano ma devo dire che, da subito con Tamagnini e poi con Arrigoni, Maroni, Sferco e Spinola, siamo riusciti ad organizzarci e a costituire uno dei primi servizi di quel tipo. Una spinta ci è stata offerta dal Direttore Generale dell’ASL dr. Pasquale Cannatelli e dal Responsabile del Servizio di Medicina di Base dr. Valter Valsecchi”.
Sono anni in cui si verificano notevoli cambiamenti nella professione medica territoriale:
“Posso dire ad esempio che prima non c’era la cultura del paziente cronico… Una persona andava dal medico solo quando stava male chiedendo cosa fare per guarire. Adesso si è attenti anche alla prevenzione e si guarda di più al futuro; una persona va dal medico per esser aiutato a non ammalarsi e, pur avendo magari alcune patologie, per poter prevenire danni maggiori. E’ chiaro che il cambiamento di prospettiva del paziente è strettamente correlato al cambiamento di atteggiamento da parte del medico”.
Gli ultimi due anni sono stati caratterizzati anche dalla pandemia del Covid: come hai affrontato questo periodo?
“Innanzitutto devo dire che ero - come tutti del resto - totalmente impreparato, sia professionalmente che mentalmente, e anche, se posso dirlo, abbandonato, nel senso che non arrivavano direttive, non avevamo protezioni particolari ecc. A seguito di quanto successo in Val Seriana, mi sono anche spaventato. Tuttavia, forse anche con una dose di incoscienza, non ho mollato e ho continuato ad assistere le persone, anche andando a domicilio. E’ stata certamente dura ma abbiamo imparato molto, almeno noi che eravamo sul campo, ci siamo maggiormente uniti fra colleghi e abbiamo retto. Speriamo che abbiano imparato anche coloro che devono assumere decisioni importanti per la riforma sanitaria dei prossimi anni”.
Vivi in Valsassina ormai da oltre 40 anni; che cambiamenti hai visto nel territorio e nella gente?
“Ci sono stati notevoli cambiamenti. Quarant’anni fa la maggior parte della popolazione era costituita da contadini anche se già erano presenti alcune aziende. Cominciavano però in modo più significativo anche i matrimoni al di fuori del singolo paese, con l’arrivo conseguente di persone di altre zone e con esperienze diverse che certamente hanno arricchito. In Valsassina poi sono arrivati diversi nuovi servizi, anche in campo sociale ed educativo. Penso ad esempio all’attivazione del Distretto di Introbio, ai servizi di assistenza domiciliare, ai sevizi per le persone con disabilità. Posso dire che il sistema di welfare, che pure va ampliato, nel nostro territorio attualmente è una realtà positiva”.
Volevo chiederti anche una testimonianza rispetto al Soccorso Centro Valsassina, di cui so che sei stato uno dei protagonisti:
“In effetti è una delle realtà positive di questo territorio e sono orgoglioso di aver dato il mio contributo in un momento di particolare difficoltà. Attivato nei primi anni ottanta, anche a seguito della tragica morte per un incidente di Piera Paroli nella via centrale di Introbio, svolgeva un ruolo importante come primo soccorso e trasporto in ospedale. Sono entrato come Direttore Sanitario dopo il dr. Graziano Arrigoni. Come presidente invece, dopo Gianfranco Magni era stata eletta Diana Invernizzi. Nei primi anni novanta, con l’attivazione del Servizio di Emergenza Urgenza (il famoso 118), anche alle Associazioni e ai volontari che svolgevano attività di soccorso vengono richieste competenze e professionalità nuove e questo crea una certa disaffezione da parte degli stessi volontari, col rischio di dimissioni e di chiusura del servizio, che sarebbe confluito nella CRI. Nel 1995 sono stato eletto Presidente e ho cercato di impegnarmi valorizzando in particolare il lavoro dei volontari ed incentivando le loro attività, in stretta collaborazione col coordinatore Lombardini. La stragrande maggioranza di loro ha seguito i corsi di aggiornamento proposti e si è così riusciti ad essere idonei anche per le attività collegate al 118. In quegli stessi anni è stata costruita la sede nuova, vicina al Distretto sociosanitario; mi sono impegnato a rivedere un primo progetto presentato, troppo piccolo, ampliandolo sia per la parte di accoglienza dei volontari che per la parte dedicata al ricovero delle ambulanze. Tale scelta ha richiesto anche uno sforzo notevole sotto il profilo economico, ma ricordo la grande generosità dei valsassinesi, delle imprese in particolare, alle quali abbiamo ‘bussato’ col supporto dell’allora segretaria Dina Galperti e di tutti i volontari. Importante anche il ruolo della Fondazione comunitaria del Lecchese che ci ha dato una grossa mano.
Come Associazione avevamo credibilità per cui abbiamo ottenuto contributi significativi. Ricordo in particolare una cospicua donazione della Ditta Mauri che siamo riusciti ad intercettare prima che andasse in un’altra direzione... Tutto questo ha permesso non solo all’Associazione di sopravvivere ma di diventare un vero e proprio centro di eccellenza”.
Tornando al tuo lavoro di medico: quando hai iniziato eravate quasi tutti uomini: tu, Libero Tamagnini, Graziano Arrigoni, Marino Maroni, Giuseppe Carì, Gentile Spinola ecc. Oggi i medici che vi stanno gradualmente sostituendo sono prevalentemente donne, Silvia Artusi, Valeria Merlo, Eleonora Arrigoni, Fortunata Palermiti, Helène Fazzini…
“In effetti è così e anche la maggior parte degli iscritti a Medicina sono donne. Devo dire che non c’è alcuna differenza rispetto ai colleghi uomini, anzi le vedo molto preparate, anche più avanti di noi e con ottime attitudini verso la professione medica. Certo dovranno affrontare qualche sacrificio in più quando hanno i figli piccoli,,, Importante anche per loro è la collaborazione. La situazione nel nostro territorio è certamente ottimale, in particolare con la prossima apertura vicino al Distretto della Casa di Comunità e dell’Ospedale di Comunità. La nostra è una professione che non puoi svolgere solo per un calcolo economico, devi avere la passione e il piacere di lavorare. E guardare avanti con ottimismo nonostante tutto e nonostante non sia sempre supportato dalla burocrazia, dalle istituzioni e dagli specialisti. Io ho imparato che le persone si fidano di noi ma questa fiducia aumenta la nostra responsabilità verso di loro”.
Finalmente in pensione, con qualche sogno particolare nel cassetto?
“Mi sto rendendo conto che in questi anni ho sacrificato parte della mia libertà, che mi voglio riprendere. In questo momento non ho più voglia di lavorare, domani chissà.
Quest’estate andrò in Tunisia dove, con un amico, ho acquistato una casa in riva al mare…”.